
Un interessante romanzo, che fece molto scalpore agli inizi degli anni ’90, interpretato con successo sugli schermi da un giovane ma già dotato Christian Bale, diretto da Mary Harron, trovò larga eco nelle rassegne internazionali.
Il volume, edito per i tipi della casa Editrice Einaudi (trad. Giuseppe Culicchia), è la storia di un giovane Yuppie Patrick Bateman che vive in una New York della seconda metà degli anni ottanta.
Il protagonista, laureato in Economia in una delle più prestigiose Università americane. è un manager di successo presso una società di fusioni e acquisizioni a Wall Street. Uno yuppie, ovvero “Young urban Professional”.
Vive a NY al 55 West 81 st Street, Upper West Side, che a differenza del Lower West Side, sede di intellettuali e attori, è quella dove risiedono manager e magnati della finanza.
Il suo principale interesse è quello di promuovere la propria persona: “Creativo, gioviale, senza scrupoli, supermotivato, superqualificato; in sostanza questa società NON può non avermi”.
Gli interessi, al di là del lavoro, una maniacale attenzione per il proprio corpo. “Non adoperare mai l’acqua di colonia. L’alto contenuto di alcool essica il volto e lo invecchia”.
La vita passata in bar e ristoranti di altissimo livello.
Incontri con splendide top model per serate di sesso in suite da cinque stelle.
Il totale disprezzo per coloro che non sono arrivati, che non hanno avuto successo.
L’incontro con gli “homeless”, descritti con distaccata ferocia nei primi tre capitoli, fino all’omicidio di uno di loro in un vicolo.
“Soldi, per favore, aiuto signore soldi, esclama una nera completamente fuori di testa. Cerco di impartire una lezione sui vantaggi che comporta trovarsi un lavoro; ma poi mi rendo conto che si tratta di un bersaglio troppo facile per risultare gratificante”.
Emblematico il paragone con il film capolavoro “Wall Street” diretto da Oliver Stone, dove Michael Douglas spiega a Charlie Sheen la differenza tra lui e il mendicante che si trova attraverso il finestrino della sua limousine.
Questa apparente vita di successo, ad un certo punto si trasforma. Il Manager a cui non manca nulla, si trasforma; diventa lupo mannaro.
Nelle sue sempre più solitarie serate per le vie di NY, decide che l’omicidio, sia il modo migliore che possa aiutarlo a trovare sollievo in un’esistenza di tutto e di nulla.
Cerca una giustificazione il personaggio del romanzo?
“Il mondo sarebbe un posto più sicuro se il mio migliore amico fosse fatto a pezzi con l’ascia?”.
“Il mio mondo forse sì, dunque perché no? Non c’è proprio..alternativa”.
In un alternarsi di racconti vividi di particolari raccapriccianti, accompagnati da momenti di indifferente tranquillità, l’Autore dipinge Jason nelle quasi 500 pagine del libro, autoassolvendolo.
La giustificazione del forte, l’inutilità dell’ultimo. Perché, nell’America del Successo, e soprattutto agli albori di quello stile di vita che iniziò nei primi anni ’80, scomparve nei due decenni successivi, per poi tornare, forse, ingiallito ai nostri giorni, il senso della vita percorre un binario che non riesce a contrapporre un senso dell’Uomo in una società di principi, rispetto ad un Uomo che vede nell’ indubbio concetto del profitto, il suo fine ultimo.
L’epilogo del romanzo viene lasciata al curioso Lettore, non senza un’ultima citazione.
Jason al bancone del Bar con una ragazza:”La conversazione va vanti da sola, priva di struttura, di soggetto, di logica, di sentimento; Parole, parole, soltanto parole, che come in un film registrato male nella maggior parte dei casi si accavallano. Solo il mio bancomat mi sta dando un input.”