
Eppure, nonostante esempi di uomini come #Falcone #Borsellino ed il Generale #DallaChiesa e le frasi ad effetto blaterate dai palchi nei giorni delle commemorazioni di mafia, sembra che quelle idee di giustizia, proprio quelle che “continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini” in realtà non entrino mai nelle stanze delle istituzioni che hanno come vessillo la lotta alle mafie.
L’Italia, che in quanto a commemorazioni sterili sembra non avere rivali, si è dotata, dalla strage di Capaci, di organismi a tutela della tanto blaterata “lotta alle mafie”.
La matematica, si sa, non è un’opinione e allora, visto il tangibile dato dell’avanzare della conquista di territorio da parte della Camorra nella mia terra (Regione Campania), ci si chiede: com’è possibile che nonostante le fiaccolate, le manifestazioni e le bandierine al vento, questo tumore non dia segni di arretrare?
Dotati di un minimo di conoscenza di quel mondo e di pazienza nello spulciare notizie e fatti sui costituenti della “COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL FENOMENO DELLE MAFIE E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE”, abbiamo scoperto che dal 31 ottobre 2018, siede un Onorevole forse troppo poco onorato: Antonio Pentangelo, avvocato eletto tra le fila di Forza Italia.
Il nome di Pentangelo è un nome non nuovo nel mondo della lotta alle mafie, infatti è capitato all’onorevole di essere “al di là della barricata”. Infatti, l’Onorevole costituiva l’anello di congiunzione tra un clan camorristico di Castellammare di Stabia, un imprenditore indagato ed il deputato Luigi Cesaro detto “Giggino a Purpetta”.
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Tipiche condotte criminali che proprio non ci si aspetta di trovare in una Commissione parlamentare, che ha come vessillo e come obiettivo la lotta alle mafie. Ci si chiede come sia possibile che, per citarne uno per tutti, il Presidente Nicola Morra permetta anche solo la presenza tra gli scranni di quella Commissione di un uomo vicino a clan camorristici.
Passando in rassegna i vari componenti di questa Commissione (qui la lista completa), abbiamo scoperto qualcosa di interessante e allarmante anche qui.
Anche il quelle stanze destinate alla lotta alle mafie con provvedimenti concreti contro la Camorra, siedono alcune persone che di quella lotta è probabile non ne hanno fatto certo una ragione di vita. https://okparliamone.com/con-i-mascalzoni-neanche-il-caffe/?fbclid=IwAR2qqj9nebQgrPqZlMKSjZdZgraPo7Fe_bNv25Az2PhSWH-xMqI8jpY6sE8
La richiesta è stata avanzata dalla Procura di Napoli tramite il P.M. Giancarlo Novelli e il Procuratore Aggiunto Alfonso D’Avino.
Tra gli otto consiglieri ed ex della Regione Campania che devono rispondere dell’ipotesi d’accusa di peculato, considerando soltanto coloro che dovrebbero occuparsi di lotta alle mafie troviamo: il consigliere Mario Casillo ed anche il Presidente della Commissione Carmine Mocerino.
Questi “eletti” rappresentano il 40% dei Consiglieri regionali Anticamorra: coloro che dovrebbero attuare tutte le iniziative per combattere il fenomeno Camorra in Campania.
Le notizie questa Commissione sulla lotta alla Camorra suonano piuttosto male, un po’ come affidare la gestione di un asilo all’ex Arcivescovo accusato di pedofilia Josef Wesolowski.
Ultima notizia che dovrebbe indurre ad una riflessione in merito alla tenuta morale ed etica che si richiede ad un uomo che riveste un ruolo istituzionale di impegno nella lotta alle mafie è di pochi giorni fa.
Alle sette del mattino i carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna (NA) hanno bussato alla porta dell’avvocato D’Avino Maria Luisa in esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa dal GIP (Giudice per le indagini preliminari) presso il Tribunale di Nola nei confronti di 15 persone. Sono ipotizzati i reati di corruzione, soppressione distruzione e occultamento di atti veri, falsità in atto pubblico, uso di valori di bollo contraffatti o alterati e truffa ai danni dello Stato. Robetta insomma.
L’avvocato D’Avino vive con suo marito. Nulla di strano, se non fosse che è moglie di Carmine Mocerino: già sindaco di Somma Vesuviana e attualmente, Consigliere regionale e presidente della Commissione Anticamorra della regione Campania.
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La giustizia, come ha confermato anche il Presidente Mocerino, deve fare il suo corso, ma l’equivoco in cui spesso si cade è:
“Quel politico era vicino ad un mafioso -> quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose -> però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto”.
Lasciamo, per adesso, da parte un approfondimento giuridico sulla condanna e sul proscioglimento, argomenti che spesso sono poco conosciuti e causano non pochi equivoci.
Perché la magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Può dire: “beh, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica che mi consenta di dire quest’uomo è un mafioso o che ha commesso quel reato”. Questo è il punto.
Siccome, però, dalle indagini sono emersi fatti piuttosto dubbi, altri organi e altri poteri DEVONO intervenire: la politica, le organizzazioni disciplinari, i consigli comunali o quello che sia. Ci sono soggetti che devono immediatamente trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, anche se non ci è arrivata la magistratura. Queste situazioni di ombra rendono un politico inaffidabile.
Per Borsellino quello della non condanna, non era un assioma, anzi era esattamente il contrario. Afferma, inoltre, che il ruolo della magistratura era specifico mentre al politica aveva maggiori poteri per potere espellere al suo interno i collusi e i contigui con la mafia.
Come cittadini, come giovani e come imprenditore contro le mafie che la politica prenda una seria posizione in tal senso.
Il modo migliore per rendere viva la memoria dei sacrifici e del loro insegnamento sarebbe fare ognuno la propria parte di cittadino libero, affermando la legalità e difendendo i propri diritti e doveri, girare la testa, è un atteggiamento connivente.
Non possiamo commemorare tutte le vittime della lotta alla mafia ed allo stesso tempo permettere tali situazioni a dir poco fumose.
“La lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che abituasse tutti a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.
Paolo Borsellino.