La banca d’Italia commissaria la Banca Popolare di Bari ma il governo non riesce a varare il decreto per portare in salvo l’istituto barese, con un intervento attraverso un aumento di capitale di Mediocredito Centrale.
Italia Viva, come annunciato, diserta il Consiglio dei ministri convocato a tarda sera per un decreto che, secondo l’ordine del giorno, avrebbe dovuto porre le basi “per la realizzazione di una banca di investimenti”. Perché è questo il progetto, come conferma a tarda sera il Mef. Ma Iv alza subito il tiro: si diffonde la voce, poi smentita, che Renzi voglia aprire la crisi di governo. Voce poi smentita.
Italia Viva comunque diserta il Cdm (“Non ci avevano neanche avvertiti”, lamentano) e denuncia i 5 stelle, che accusavano Renzi del salvataggio di Etruria e ora salvano una banca col PD. La tensione si alza. Anche il M5S si mette di traverso: nessun decreto può passare senza un supplemento di riflessione, avverte Di Maio dalla Calabria. Conte resta a lungo riunito con il ministro Roberto Gualtieri. In attesa ci sono i ministri Dem e 5S: la riunione rischia di saltare.
Il veto M5S blocca il decreto. Il problema però è solo rinviato: un provvedimento si rende necessario per garantire l’operatività della Banca, su cui è intervenuta Bankitalia. Il Consiglio dei ministri avvia i suoi lavori e Gualtieri fa un’informativa, illustrando i contenuti dello schema del provvedimento. Dario Franceschini, a nome del PD, si scaglia contro l’irresponsabilità dei colleghi.
Da fuori, Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti chiedono le dimissioni di Conte che nel pomeriggio aveva negato la necessità di un salvataggio. Il braccio di ferro nella maggioranza sul decreto non ferma però Bankitalia che convoca il Cda della Bari per l’adozione di provvedimenti di vigilanza. Una formula a cui fa seguito il commissariamento della banca, messa in amministrazione straordinaria previo scioglimento del cda e del collegio sindacale.
Ai commissari Enrico Ajello e Antonio Blandini, assieme ai componenti del comitato di sorveglianza Livia Casale, Francesco Fioretto e Andrea Grosso, è stato affidato il compito di predisporre le “attività necessarie alla ricapitalizzazione” e di finalizzare le “negoziazioni con i soggetti che hanno già manifestato interesse all’intervento di rilancio”, cioè il Fitd e Mediocredito centrale. “La banca prosegue regolarmente la propria attività. La clientela può pertanto continuare ad operare presso gli sportelli con la consueta fiducia” è il messaggio tranquillizzante lanciato dalla banca.
Ma “la convocazione improvvisa di un Consiglio dei ministri sulle banche, senza alcuna condivisione e dopo aver espressamente escluso ogni forzatura o accelerazione su questa delicata materia, segna quindi un gravissimo punto di rottura nel metodo e nel merito” ha tuonato Luigi Marattin, vicepresidente dei deputati di Italia Viva.
Il progetto, che con un decreto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri aveva portato sul tavolo del Consiglio dei Ministri e che molto probabilmente arriverà all’esame della prossima riunione lunedì prossimo, aveva l’ambizione di salvaguardare non solo la Popolare di Bari ma anche quella di creare una banca di investimento per accompagnare la crescita e la competitività delle imprese, con particolare attenzione al Sud.
In particolare per la Bari, che non rispetta i requisiti patrimoniali minimi e necessita di un miliardo di euro, il decreto ipotizza un salvataggio in tandem con il sistema bancario, attraverso il Fidt, e dello Stato, che dovrebbe mettere in campo Mediocredito Centrale.
Lo schema di Decreto predisposto dal Mef prevede un potenziamento delle capacità patrimoniali e finanziarie della Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale (MCC), interamente controllata da Invitalia, attraverso un primo aumento di capitale per consentire a MCC, insieme con il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) e ad eventuali altri investitori, di partecipare al rilancio della Banca Popolare di Bari (BPB).
Per il Fondo interbancario ha in agenda due riunioni il 18 e il 20 dicembre e attende una richiesta d’aiuto corredata da un piano industriale che faccia emergere il fabbisogno di capitale e chiede di essere affiancato da un partner industriale, che sarebbe poi il Mediocredito Centrale, dotato dei mezzi per un primo intervento tampone che ripristini ratio patrimoniali superiori ai minimi regolamentari.
Bankitalia si è mossa nonostante la decisione del cda di promuovere l’azione di responsabilità verso l’ex ad Giorgio Papa, l’ex responsabile dei crediti Nicola Loperfido e l’ex condirettore generale Gianluca Jacobini. Una mossa che appare tardiva in presenza di una banca in condizioni gravissime e sottoposta alle indagini della magistratura che, senza risparmiare l’ad Vincenzo de Bustis, sta verificando la corretta gestione della banca nel corso degli anni. Per un salvataggio che si apre, uno si avvia alla chiusura.