
Il mondo della droga visto dall’esterno è molto diverso da chi lo vive oppure lo ha vissuto da dentro. Michelle lo ha vissuto sin dall’età di diciotto anni, si è avvicinata a quel mondo senza pregiudizio per seguire alcuni amici che non ha mai abbandonato per il loro stato di tossicodipendenza.
Studente eccellente e come tutti i fine settimana frequentava discoteche e pub, un mondo dove vestirsi eleganti e stravaganti, a volte dà un senso di “malvagio o disonestà”, ma lei, come tanti, seguiva solo la moda e nulla in più.
I suoi genitori, operai, avevano sempre da rimproverargli qualcosa anche se a scuola non aveva difficoltà, non ritornava ubriaca dopo le uscite nel week-end e mai ha dato problemi tranne uno:essere di libero pensiero, argomentare e riflettere così come il senso di libertà “impone” a chi ha un corpo, cioè all’essere umano.
Il ragionamento delle questioni in base ai criteri senza pregiudizi ma di conoscenza e libera espressione. Per i suoi genitori era il dramma dei drammi e giorno dopo giorno, quel frammento di libertà che poteva concedersi solo il sabato per andare in discoteca e stare con gli amici, ritornando alle 2 di notte, la portata tra le braccia dell’uomo che la fatta sentire libera.
Inizia a vent’anni la sua storia con un uomo che scopre di essere il capo di un piazza di spaccio, racconta: “Confezionavo droga ed eroina, la spacciavo insieme a lui ma non ne ho fatto mai uso, per me la libertà era tutt’altra cosa”.
Gli acquirenti venivano da me perché sapevano che ero la compagna del “capo della piazza di spaccio” non erano solo ragazzini, anzi a comprare erano spesso professionisti (dagli avvocati ai medici), dai diciassettenni in su; pagavano con moneta ma anche con ciò che avevano:biciclette, motorini, oro ecc..
Durante il suo racconto si sofferma nei dettagli
Spesso i ragazzi che acquistavano sapevo da quali quartieri venivano e dove abitavano, non è vero che chi acquista droga (cocaina o eroina) siano figli di poveri o malviventi ed io posso affermarlo con certezza.
I dentisti acquistavano sia la cocaina come anestetico che l’oro per realizzare i denti o apparecchi dentali; l’oro veniva acquistato anche da privati che venivano ad acquistare le dosi. Il vero spacciatore è un commerciante a tutti gli effetti!
Ho smesso il giorno in cui ho visto come si era ridotto una persona che conoscevo, ho lasciato anche il mio compagno che nel frattempo mi aveva dato una figlia ma ho sempre sostenuto che il vero problema della droga e della tossicodipendenza fosse “la mancanza di cultura” nelle scuole e la mancanza dell’ascolto delle proprie famiglie.
Un giorno – non lo dimenticherò mai – un ragazzo abituale voleva farsi nelle vene – aveva sempre sniffato – la sua voglia era così forte che chiese ad un altro tossicodipendente di fargli la puntura nelle vene, così li vidi andare via…
Quando ritornavamo a casa tra me e il mio compagno, sul tavolo buttavamo i soldi della vendita, oscillavano giornalmente dai 3.000 ai 5.000 euro. Potevo viverci ma ho scelto ancora una volta la libertà da tutto anziché quei soldi.
Ricordo che era iniziato il periodo della vendita delle armi in nero, il mio compagno aveva l’aggancio per iniziare e mi diceva che avremmo guadagnato il triplo ma io me ne andai senza girarmi indietro.
Oggi manca ancora quella cultura nessuno racconta ai giovani la verità, nessuno gli racconta che se le forze dell’ordine sequestrano un carico di 5kg di cocaina, quella immessa sul mercato sarebbe stata il doppio.
Le confezioni di 2\3 grammi sono mischiate con cocaina o eroina insieme a talco o psicofarmaci in polvere, nessuno racconta che gli stupefacenti sono ammortizzatori sociali per i clan che devono solo pagare le famiglie dei parenti che sono in prigione, per i “picciotti” (leve) e per i loro vizi.
Il vero pezzo forte per le mafie sono, ormai da anni, gli appalti e l’imprenditoria agevolata dai politici, quella si compra con una percentuale passata sotto banco o su un conto estero intestato a terzi.
La malavita in tutte le sue versioni e sfumature dal vero trafficante allo spacciatore è solo un mondo di mezzo che alza l’ombra su tutti gli affari sporchi.
Per quella che sono diventata oggi devo ringraziare ad un equipe di persone che sanno ascoltare anche il dolore, tra loro:medici,infermieri e volontari che mi sono stati vicino socialmente e moralmente.
Ritornai a vivere con i miei genitori non prima di chiedergli scusa per averli abbandonati ed essere andata via. Trovai un lavoro ma evidentemente avevo sofferto a tal punto che caddi in uno stato di depressione e anoressia.
Credevo di morire poi chiesi aiuto.
Così, grazie ad un percorso di psicoterapia, «riuscì ad uscirne» e da quel momento mi dissi: “riparto da capo“.
Inizialmente chiesi aiuto ai servizi sociali che si presero carico di mia figlia inserendola in una casa famiglia; ogni quindici giorni andavo a trovarla e nel frattempo proseguì il mio percorso riabilitativo, questa sofferenza – per il bene di mia figlia che doveva essere accudita ed avere garanzie – durò quattro anni.
Oggi mi occupo di lui, purtroppo la disabilità a mia figlia è venuta a seguito di una malattia che non mi permette di lavorare, ma accetto anche questa di “vita” che mi è stata riservata l’importante è essere vicino all’unica cosa che amo e che ho: mia figlia!
Ho letto e riletto il libro di Agnese Borsellino, le sue parole mi portano a pensare che “ciò che avviene adesso è comunque dovuto a ciò che accadde all’epoca”. In questa intervista vorrei solo dedicare alcune parole ai giovani: “riflettete sempre e a lungo perché il primo, spesso, può segnare il vostro percorso di vita.”