
Rimane difficile giustificare la situazione indescrivibile nella sanità. Quanti proclami e promesse in campagna elettorale, ma come sempre la situazione rimane la stessa. Con la salute dei cittadini non si scherza.
Medici militari specialisti in ausiliaria per fronteggiare l’emergenza dovuta alla carenza di personale sanitario negli ospedali molisani: questa, secondo il commissario alla Sanità, Angelo Giustini, sarebbe l’ultima spiaggia prima di procedere alla chiusura, già dal prossimo mercoledì, dei reparti di ortopedia e traumatologia dei nosocomi di Isernia e Termoli (Campobasso).
I medici militari dovrebbero essere impiegati per almeno 5 mesi, “termine necessario – osserva il Commissario – affinché il ‘Decreto Calabria’ possa essere definitivamente approvato, così nel contempo si espleteranno i concorsi. Tutto ciò consentirà di superare questo agonico stallo nella governance del Servizio sanitario regionale e del diritto all’equità e universalità di accesso dei cittadini”.
Negli ultimi giorni, durante la riunione di Gabinetto al Ministero della Difesa, Giustini e il Col. Antonello Arabia, indicato le soluzioni urgenti di aiuto per il Molise. Il dicastero ha individuato un elenco di 105 camici bianchi che operano nella sanità militare e che possono essere selezionati per essere impiegati nella sanità civile. “L’evidente contrazione di risorse – spiega in una nota Giustini – mette sempre più a rischio il mantenimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), dunque, si profilano per i cittadini molisani ancora viaggi della speranza. È altresì, noto – prosegue – l’annoso problema del blocco del turn over che di fatto ha bloccato nuove assunzioni di personale sanitario. Una responsabilità politica tutta regionale, che dopo 12 anni (dall’avvio del Piano di rientro ndr), la relazione dei conti del 2018 ha messo in mostra: debiti per 22 milioni di euro. L’inappropriata programmazione sanitaria del passato ha creato, come conseguenza, concorsi deserti e carenza oggettiva di specialisti nel Sistema sanitario regionale”.
L’incubo della chiusura di altri reparti, fa sapere il Commissario, “potrebbe diventare presto realtà”. Oggi, intanto, nuova riunione prima al Ministero della Salute e poi a quello della Difesa, “nella speranza di offrire respiro alla situazione soffocante”, ma è necessario, conclude il Commissario, “che ognuno faccia la propria parte, ognuno per le proprie competenze, per scongiurare il rischio di razionamento dell’offerta sanitaria e dei servizi per il soddisfacimento dei bisogni di salute dei cittadini”.
Sembra una situazione da guerra civile. Non va dimenticato, che purtroppo il 52% dei camici bianchi, con tanto di specializzazione espatria. Secondo i dati della Commissione Ue è la percentuale europea più alta, seguono a distanza i tedeschi con il 19%. La regione con il maggior numero di medici che si trasferiscono è il Veneto, con 80 professionisti sui 1.500 che vanno via ogni anno.
Secondo Daniele Giordano, Segretario Generale Fp Cgil, i professionisti della sanità veneta sono tra i meno pagati d’Italia: è la quart’ultima regione nella classifica delle retribuzioni medie, ultima regione del Nord Italia, sottolinea il sindacalista. Proprio in questi giorni, (notizia riportata dall’Ansa) raccontano dall’Azienda sanitaria di Padova, gli Emirati Arabi stanno contattando specialisti italiani e offrono dai 14 ai 20 mila euro al mese, l’interprete, la casa, la scuola per i figli, assistenza e autista.
Tornando invece ai Paesi europei, le richieste di camici bianchi arrivano soprattutto da Gran Bretagna, Svizzera, Germania, Francia, Belgio, Olanda. L’andamento viene confermato anche da una recentissima indagine della Commissione europea, dal Rapporto Eurispes-Enpam e dalla Consulcesi group: in dieci anni, dal 2005 al 2015, oltre diecimila medici hanno lasciato l’Italia per lavorare all’ estero.
Nello stesso periodo si sono trasferiti anche otto mila infermieri. Ogni anno 1.500 laureati in Medicina vanno via per seguire scuole di specializzazione all’estero. Un danno anche economico, perché la formazione – dicono i sindacati di categoria – costa allo Stato italiano 150 mila euro per ogni singolo medico. Chi mette lo stetoscopio in valigia ha un’età che va dai 28 ai 39 anni, la regione da cui emigrano di più i giovani medici italiani è il Veneto.
La meta principale è la Gran Bretagna, con il 33% di scelte, seguita dalla Svizzera con il 26%. I professionisti che espatriano sono per la maggior parte ortopedici, pediatri, ginecologi, anestesisti. Lo studio del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao Assomed nel Rapporto del 7 gennaio ha lanciato l’ennesimo allarme: tra soli sei anni, nel 2025, curarsi in ospedale sarà ancora più difficile.