Da quando Matteo Salvini è diventato Ministro dell’Interno, si è assistito sempre più ad una prevaricazione dei valori improntati alla sicurezza.
La sicurezza come garanzia dal pericolo che, eventualmente, potrebbe minacciare l’essere umano alla prese con la sua normale vita quotidiana.
Ma la questione principale, quella cioè che sta alla base di tutto il ragionamento, è la seguente: Matteo Salvini è Ministro dell’Interno dell’attuale governo Conte. Perciò agisce bene quando imprime all’Italia quei connotati da nazione sicura.
Viaggiare sereni e tranquilli, camminare per strada senza timore di essere rapinati o derubati, alienare il diverso da noi perché portatore di criminalità: questi sono i concetti sui quali sta insistendo prepotentemente l’attuale governo, nel quale Matteo Salvini riveste un ruolo di prim’ordine.
Sicuramente Matteo Salvini è riuscito a dare una risposta al problema della sicurezza in Italia; ma probabilmente sarebbe meglio chiamarla come “percezione del problema della sicurezza“.
Nessuno vuol negare che esista la criminalità come fenomeno sociale: ma che questa criminalità venga portata agli estremi ed enfatizzata per tenere sotto controllo una larga fetta di assidui votanti leghisti, questo è ancor più deprecabile.
L’attuale momento storico ricorda molto il vecchio e studiatissimo modello politico de “Lo stato di polizia”; una tipologia di stato-nazione dove il controllo sulla società e sui suoi membri è talmente elevato da impedire l’esercizio delle libertà.
Una libertà che Matteo Salvini sembra voler salvaguardare solamente in parte.
Non sarà controproducente compensare una mancanza di “certainty” con un’eccessiva dose di “safety”?
La tolleranza zero è un modello al quale ambire, per uno stato realmente sicuro?