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Il Natale e la solitudine di Giuseppe Ungaretti

| 18 Dicembre 2018 | CULTURA

Il Natale è una delle feste più sentite dalle famiglie perché molte persone, una scusa per stare insieme con tutti i propri familiari, un giorno ricco di felicità e di gioia soprattutto per i bambini. Purtroppo alcune persone non vivono la stessa cosa. Capita di notare situazioni difficili in cui molte persone rimangono sole perché non hanno nessuno o perché ci sono in ballo dei litigi con i propri parenti. Nessuno pensa di vivere il Natale in solitudine ma purtroppo queste situazioni esistono e vanno risolte. In merito al Natale, Antonietta Pezzullo ha deciso di regalarci una sua critica su una poesia di Giuseppe Ungaretti  intitolata “Natale” , poesia ricca di valori e di significati:

Ci sono parole che più delle altre si fissano nella nostra anima e germogliano fino ad arrivare alla mente e a legarsi a noi. Si mischiano tra i pensieri e ci aiutano ad esprimere uno stato d’animo, un pensiero, una situazione. Il Natale di Ungaretti avvolge con la sua malinconia e verrebbe la voglia di scegliere un angolo e nascondersi insieme a lui e non solo nei gironi di festa. Ungaretti, Natale l’aveva scritta nel 1916, in licenza dalla guerra a Napoli, esprimendo con questi versi il disagio, il contrasto tra il clima di festa e il suo animo segnato dalle tragedie e dalle vicissitudini della guerra. Difficile resistere e farsi trascinare dagli addobbi, le luci, il chiacchiericcio , i sorrisi, in un gomitolo di strade…quando si prova tanta stanchezza alle spalle. Ed è facile nel leggere queste parole sentirsene parte, condividere queste sensazioni e renderle attuali, in una realtà completamente diversa, fatta di piccoli drammi e sofferenze esistenziali. Sono parole senza tempo, sempre nuove, evocative, in cui facilmente immedesimarsi. La necessità di lasciarsi dietro un’umanità distante per risollevarsi in quella solitudine senza forzature, in quel caldo buono… con le quatro capriole di fumo. I versi hanno una cadenza musicale ma frammentaria, che rendono le parole immagini vive. E anche se Ungaretti sosteneva che la parola è impotente e che la parola non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi, mai. In questa poesia lo avvicina. Alcuni versi suonano come una supplica , dove Ungaretti, stanco del rumore chiede di essere lasciato così come una cosa posata in un angolo e dimenticata. Sono parole che avanzano , si muovono, mentre in lontananza la vita pulsa, scorre e debole si chiude in un guscio. In fondo come diceva lo stesso Ungaretti “ la morte si sconta vivendo” , nelle proprie amarezze , nei conflitti con il mondo , nel proprio cuore “ il paese più straziato “. Eppure gli strazi, come in questo caso, creano bellezza, poesia , meraviglia , servono per recuperare il buono, riscattare , ed elevarci come punte di pino verso l’alto. Si riconoscono parole , atmosfere, quelle confuse che cercano la loro verità e che con gratitudine dallo spigolo che accoglie l’anima, ogni volta “illumina d’immenso”. 

TAG: poesia
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