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Khashoggi, smembrato sotto una dolce sinfonia

| 19 Ottobre 2018 | CRONACA, ESTERI

Il 2 ottobre entra nel consolato Saudita ad Instanbul un giornalista del Washington Post, Jamal Khashoggi, residente negli Stati Uniti. Da quel consolato non è più uscito. Jamal stava richiedendo i documenti necessari per potersi sposare.

Cosa è successo?

Le autorità saudite hanno subito fatto sapere di non sapere nulla dell’accaduto, quelle turche hanno invece richiesto di poter inviare i propri ispettori nell’ambasciata che, come sappiamo dalla convenzione consolare del 63, gode di status di extra territorialità.

I sauditi rifiutano inizialmente ma poi concedono alle forze turche di perquisire l’ambasciata.
Al loro arrivo, ben due settimane dopo la scomparsa dello sfortunato Jamal, l’ambasciata era stata restaurata e completamente ripitturata.

Meshal Saad al-Bostani, colonnello Saudita, uno dei sospettati che era lì il 2 ottobre, è deceduto oggi in un incidente automobilistico le cui dinamiche sono del tutto ignote.

Fonti dei servizi segreti turchi dichiarano di avere le prove audio e video che Khashoggi sia stato rapito, interrogato, torturato e poi sezionato da con una sega e una dolce musica in sottofondo.
Riyadh rigetta le accuse.


(Erede alla corona, Mohammed bin Salman al-Saud)

Quali sono le motivazioni?

Il movente di tale scomparsa, a prescindere da quale sia stata la dinamica, risiede chiaramente nell’attivismo editoriale di Jamal, molto critico nei confronti dell’erede al trono.

Ma Jamal Khashoggi non era un editorialista di una rivista provinciale di cucina, era uno dei principali giornalisti del Washington Post, stimato a tutte le latitudini, con notevoli rapporti e agganci nel mondo mediorientale e anglofono. Chiunque sia stato, perché di incidente non può trattarsi, non ha tenuto bene in considerazione il tipo di personaggio che si andava ad eliminare.

Khashoggi era inizialmente molto vicino alla casa reale saudita, un rispettato giornalista che però con gli anni e soprattutto con l’ascesa dell’inarrestabile Salman, Khashoggi ha iniziato a criticare la guerra in Yemen perpetrata da Salman, un riformismo che ha sì avuto luogo ma che è esclusivamente funzionale al mantenimento dell’autarchia dei Saud.

Conoscendo il potere nelle mani dell’erede (ma re de facto) è difatti impossibile immaginare, come d’altronde ci conferma Brennan, che egli sia all’oscuro di quanto accaduto.


(John Brennan, ex direttore della CIA)

Quali saranno le conseguenze?

Trump spedisce sul primo aereo il suo fido ministro Mike Pompeo lo stesso giorno in cui i media statunitensi riportano la notizia che i sauditi avrebbero ammesso che si trattò di un interrogatorio finito male.
In vista di quanto accaduto, l’alto commissario dei diritti umani dell’ONU Michelle Bachelet ha richiesto che vengano sospese le disposizioni della Convenzione di Vienna del 1963 sull’inviolabilità e immunità diplomatica saudita.

Mentre una netta linea politica internazionale si fa stenta ad essere effettiva, i mercati stanno già agendo: lo stock market della borsa di Riyadh scende fino al 7% nella mattina di giovedì 18 ottobre.

Molte sono le compagnie che hanno appena fatto sapere che non parteciperanno alla Future Investment Initiative di Riyadh, detta anche la “Davos del Deserto”, fra cui:
Jamie Dimon (JPMorgan Chase); Bill Ford (Presidente Ford); Dara Khosrowshahi (Uber); Tidjane Thiam (Credit Suisse); Ajay Banga (Mastercard); John Flint (Hsbc); Stephen Schwarzman ( Blackstone); Larry Fink (Blackrock); Bob Bakish (Viacom); Arianna Huffington (Thrive); Kai-Fu Lee (Sinovation Ventures); Patrick Soon-Shiong (Los Angeles Times); Zanny Minton Beddoes (Economist); Andrew Ross Sorkin (Editorialista New York Times).

Richard Branson, fondatore e capo della Virgin, ha sospeso una settimana fa, i dialoghi per un piano di investimenti pari a un miliardo di dollari USA.
Twitta Stef Blok, ministro degli esteri olandese, che
“La scomparsa di #Khashoggi è una questione molto seria, l’Arabia Saudita non è ancora stata in grado di fornire alcun chiarimento. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso che @WBHoekstra (ministro delle finanze, nda.) non si recherà oggi a Riyadh, l’Olanda è sinonimo di libertà di stampa, in tutto il mondo.”.
Segue la Francia col ministro Bruno le Maire aggiungendo che non andrà a Riyadh la prossima settimana, in quanto le condizioni “non sono soddisfacenti oggi”. Aggiunge “ho chiamato ieri la mia controparte per avvertirlo che non parteciperò a questo forum, penso che possa capire perfettamente che nelle attuali circostanze, il ministro dell’Economia francese non vada a Riyadh”.

Anche il fedelissimo segretario di Stato americano Mnuchin, ha fatto sapere che non andrà.

Infatti lo stesso Trump, solitamente vicinissimo alla casa reale, tuona dicendo che vi saranno ripercussioni severe qualora venisse appurata la colpevolezza del governo.

Ma l’imperterrito Salman non sta a guardare: cresce l’ombra della minaccia del blocco del gregge. Mossa questa che farebbe lievitare i prezzi del petrolio.

Siamo forse dinanzi la fine del famoso doppio-standard saudita o vedremo presto un repentino cambio di trono? Molto probabile sarà che verrà servita una bestia sacrificale.

TAG: ambasciata, Arabia Saudita, consolato, Davos, Gregge, instanbul, Khashoggi, Saud, Saudi Arabia, tortura, Trump, tuirchia
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