L’uomo autoritario, Bolsonaro, il Trump brasiliano sfonda le classifiche aggiudicandosi il primo posto alle elezioni presidenziali dello Stato federale con il 46% dei consensi. Ad elezioni tenutesi il 7 ottobre e con il 99% dei seggi scrutinati emerge che sarà proprio lui ad andare al ballottaggio con Fernando Haddad (29%), leader del PT (Partito dei lavoratori) e successore di Luiz Inacio da Silva (Lula).
Il ballottaggio, si avrà il 28 ottobre.
(Fernando Haddad, PT, candidato al prossimo ballottaggio con una base del 29%)
Visto il carattere abbastanza insolito del candidato alla presidenza ci si potrebbe facilmente aspettare un endorsement transpartitico per impedire la sua elezione.
La stessa cosa avvenne in Francia alle ultime elezioni per scongiurare il pericolo LePen, dove tutti eccetto Melenchon, diedero l’endorsement a Macron per impedire che la controversa figura di LePen potesse vincere il ballottaggio: perse in favore dell’attuale presidente centrista.
Il Brasile va analizzato sotto due approcci caratteristici:
in primis l’assetto economico, instabile, ma non certo ai livelli di Argentina (tanto meno del Venezuela), che però tuttavia risente molto della fragilità infrastrutturale che nonostante anni di crescita non può minimamente paragonarsi alla crescita delle tigri asiatiche. Il modello Lula, ha creato una classe media benestante, che però si sta rendendo conto non avere nulla in mano. E’ stata sì una crescita, ma una crescita in termini di variazioni (flusso), senza un reale accumulo di ricchezza (stock). E soprattutto senza un reale investimento di questo stock sul mercato in termini industriali ed infrastrutturali (motivo questo che di pro ha però incentivato l’apparto aeronautico, da sempre molto sviluppato nel paese).
(Luiz Inacio da Silva, ex presidente nonché fondatore del PT)
In secondo luogo va invece considerato il fatiscente e farraginoso apparato pubblico.
Il Brasile conta una vastissima corruzione, basti pensare al recente scampato impeachment per Temer, i 12 anni di galera inflitti dal tribunale di Curitiba al fondatore del PT Lula e alla triste sorte spettata a Dilma Roussef. Il modello Lula sembra non aver portato a compimento la propria missione, se non quella di creare una parabola che molti avevano interpretato come reale crescita. Le discrepanze sociali sono sempre più forti e l’erosione della classe media sta creando uno scenario dove convivono ricchi e poveri fianco a fianco. Si conta infatti una media di omicidi pari a quasi 60.000 annui. Uno scenario che rende la vita difficile anche alla classe agiata.
(Dilma Rousseff, ex-presidente sospesa per impeachment dalle funzioni di governo il 12 maggio 2016)
Ed è proprio questo modello economico che sembra essere sotto accusa. Motivo per cui si prospetta che il delfino di Lula, Fernando Haddad di origini libanesi, per sperare di vincere il ballottaggio con Bolsonaro, dovrà in qualche modo distaccarsi dal modello Lula. Quale modello potrà portare a ridosso del ballottaggio, però, ancora non si sa.
Quello che si vede oggi in America Latina è una rapida discesa dell’egemonia politica post-socialista degli ultimi anni, con un altrettanto rapido ritorno delle estreme destre.
Ma in un continente democraticamente giovanissimo, flagellato da dittature militari e dalle guerre contro i cartelli, da una permeante corruzione, un passaggio così repentino e costante da ideologie opposte può essere una miccia da non sottovalutare. Soprattutto in considerazione del fatto che l’America Latina, ex-giardino degli USA, aveva iniziato un graduale distaccamento geopolitico dall’asse USA.
Adesso, col cambio di rotta (lontana l’ipotesi di una coesione transnazionale panlatina) resta da chiedersi con chi intenderanno schierarsi sullo scacchiere politico.
Cina e Russia stanno acquistando il Venezuela (i giacimenti dell’Orinoco in primis), la Colombia è perennemente stata sotto il cappello dello Zio Sam e continua ad esserlo, l’Argentina sta avendo grossi problemi di stabilità economica: il Brasile, membro BRICS, era l’unico che finora era riuscito ad avere una propria voce in capitolo sullo scenario internazionale.
L’elezione del 63enne Jair Bolsonaro potrebbe avere forti ripercussioni mediatiche in tutto il continente facendo divampare la scintilla della destra, destabilizzando completamente gli equilibri finora esistiti.