
La settimana scorsa il Consiglio Regionale del Piemonte ha approvato la delibera n. 211 “Indirizzi e criteri per garantire l’effettivo accesso alle procedure per l’interruzione della gravidanza ai sensi dell’articolo 9, comma 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194”.
Questa delibera, così come la sua approvazione, può essere benissimo preso come uno specchio che mostra la realtà contraddittoria di questa società.
Questa Delibera nasce dai dati, considerati “allarmanti”, dell’obiezione di coscienza, salita al 70% in Italia nel 2015, con punte del 90% in alcune regioni, e per questo mira a colpire questo stesso Diritto di obiezione e tutti i medici che, per motivi etici, religioso, scientifici o per altro, considerano il feto prenato un essere umano e, per non aver rimorsi nella propria coscienza, si rifiutano di praticare quella che definiscono l’uccisione di un essere vivente.
Ora, al di là del fatto che l’aborto sia una pratica civile o un omicidio/feticidio o che il feto stesso sia un grumolo di cellule o un essere umano, la questione è ben altra. Infatti, la delibera 211, viola diversi Diritti Fondamentali, e se vogliamo essere più precisi, ne viola almeno tre di quelli che troviamo elencati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: Diritto di Libertà di Pensiero e di Coscienza (Art 18), Diritto di Libertà di Opinione, di Espressione e di non essere molestati a motivo di queste Libertà (Art 19), per non parlare al Diritto ad una eguale tutela contro ogni Discriminazione (Art 7).
Infatti, questa delibera ha lo scopo di garantire che nel territorio del Piemonte, in cui la percentuale degli obiettori è del 67%, l’obiezione non superi la soglia del 50%, e che quindi, bisogna, in un modo o nell’altro, eliminare quel 17% in più. Un 17% composto da medici con esperienza e competenze nel campo della medicina, che rischiano, nel migliore dei casi, il trasferimento dal Piemonte (quasi fosse un vero e proprio esilio), a causa della loro opinione, per essere sostituiti da altri, non scelti tanto per le loro capacità, ma per la loro insofferenza all’aborto. Infatti, se nel Territorio Piemontese vi fossero aspiranti medici ben più competenti, ma che si rifiutano di praticare l’aborto, questi verrebbero scartati per altri, anche meno preparati, semplicemente perché quest’ultimi, non si fanno problemi nel porre fine alla gravidanza, qualora gli venisse chiesto.
Ora, questa esposizione non è altro che un esempio di come, non solo in Piemonte, ma in tutta la Società Italiana (e non solo), vengono violate le Libertà Fondamentali di chi non la pensa come la “maggioranza” (una maggioranza molto più virtuale e apparente che concreta), facendo sì che queste Libertà, anziché essere Diritti effettivamente universali, siano solo privilegi di alcuni.
Ma non solo, questo episodio dimostra un grave fallimento della nostra società, ossia come la discriminazione delle opinioni prevalga sulla Meritocrazia, e di come, per l’appunto, non vengano premiate le competenze, le capacità, ma le preferenze di chi ha il potere.
Questo è solo un piccolo episodio che ci sbatte in faccia la triste realtà: una realtà ove la comodità e il piacere dei pochi prevale sull’utilità e il benessere dei molti; una realtà in cui i difetti vengono nascosti anziché corretti e in cui chi è più Virtuoso, per Valori o Competenze che sia, è surclassato da chi si è svenduto al miglior offerente. Ci mostra una realtà di ipocrisia, corruzione, nepotismo, meretricio, dove la Giustizia, non solo è cieca, ma anche sorda e muta.
Questo è uno dei principali motivi per cui ogni anno decine e centinaia di migliaia di giovani talentuosi lasciano il nostro Paese, perché questo non è il Paese delle opportunità, non è un Paese che guarda al Futuro, non è il Paese della Meritocrazia; questo è il Paese dei balocchi.