L’8 gennaio scorso è stato arrestato Zhang Naizhon, il capo dei capi della mafia cinese in Italia e d’Europa, il più potente di tutti. Due mesi prima del suo arresto, l’11 dicembre arriva in visita ufficiale in Italia per incontri istituzionali con il presidente del Consiglio Gentiloni e il ministro Calenda, con il sottosegretario del governo cinese. Nulla di strano, normali rapporti politici tra i due stati. La stranezza però sta nel fatto che, l’esponente del governo cinese, girava con una auto e un autista messi a disposizione dal boss cinese con tanto di scorta da parte della polizia italiana.
Chiedere chiarimenti alla Farnesina ancora retta da Angelino Alfano, è come chiedere se sia nato prima l’uovo o la gallina, nessuna risposta pervenuta. Tra un incontro istituzionale e l’altro, il rappresentante del governo cinese ha trovato il tempo per andare a cena con Zhan Naizhong, 57 anni, detto l’uomo nero a capo di una associazione criminale che gestisce un giro d’affari di oltre 10 milioni di euro. La mafia cinese giunge in Italia per controllare l’immigrazione clandestina e per vessare i connazionali con estorsioni ed usura. Le attività si sono notevolmente ingrandite e comprendono il traffico di droga, il riciclaggio, la prostituzione, il gioco d’azzardo, la contraffazione di prodotti commerciali.
Il controllo delle attività commerciali avviene tramite l’acquisizione di negozi come i ristoranti, poi assegnati a famiglie le quali devono restituire il capitale a tassi di usura. La mafia cinese può contare su un giovane braccio armato in grado di controllare i membri della loro comunità e gestisce lo spaccio di droga nelle città di: Milano, Brescia, Roma, Prato e Napoli. Il cuore del business della mafia cinese è rappresentata dalla contraffazione dei marchi e ogni zona, ha una sua leadership al riguardo: la Campania per l’abbigliamento, Toscana, Lazio e Marche per la pelletteria, il Nord Italia componentistica ed orologeria.
I rapporti con le nostre mafie sono molto cordiali arrivando a sviluppare sinergie a partire dal traffico di stupefacenti. Il primo ad avere rapporti con i sodali cinesi è stato Salvatore Giuliano, boss di Forcella che consentì loro di impiantare lavoratori tessili, magazzini e negozi nella sua zona. La mafia cinese ha ottimi rapporti anche con associazioni criminali africane alle quali affida la distribuzione al dettaglio della merce contraffatta prodotta.
Un mercato illegale sempre fiorente, difficile da estirpare poiché la società cinese è chiusa sotto il giogo di una mafia che gestisce le loro vite.