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Via d’Amelio: Procura di Caltanissetta rinvia a giudizio tre poliziotti, ma nega gli atti di Agostino

| 9 Marzo 2018 | CRONACA

Giustizia a due velocità quella della Procura di Caltanissetta.  Tutte le vittime hanno diritto di ottenere giustizia e i parenti devono essere trattati allo stesso modo. Purtroppo non è così per la Procura di Caltanissetta dove, per due casi ancora irrisolti che si intrecciano, nel primo rinviano a giudizio tre poliziotti per calunnia e depistaggio, mentre nel secondo negano ai familiari di accedere agli atti di un procedimento archiviato.

Strage di Via D’Amelio a quasi 26 anni da quel tragico 19 luglio 1992 nel quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddi Valter Cosima e Vincenzo Li Muli, la Procura di Caltanissetta ha rinviato a giudizio il dottore Mario Bo, oggi in servizio a Gorizia, l’ispettore Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo all’epoca agente scelto per il reato di calunnia. I tre, unitamente al capo del gruppo “Falcone-Borsellino” Arnaldo La Barbera, deceduto nel 2012, hanno suggerito al finto pentito Vincenzo Scarantino le risposte da dare durante gli interrogatori riguardo la fase preparatoria della strage di Via D’Amelio, provvedendo ad aggiustarle nel caso in cui non corrispondessero a quelle suggerite in precedenza.

Avevano istruito Scarantino anche sui metodi di affiliazione a cosa nostra a lui sconosciuti. Un depistaggio che ha allontanato ancor di più la verità sulla strage di Via D’Amelio e che avvalora il coinvolgimento di pezzi dello Stato cooperanti con cosa nostra. Lo Stato, che ha il compito di cercare e dare giustizia e verità, si è affidata a pezzi dello stato che seguendo le indicazioni di qualche entità istituzionale, hanno deviato la verità. Ci vorrebbe un pentito nelle istituzioni, ma l’omerta’ di Stato è più difficile da scardinare.

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Ovviamente i tre accusati scaricano le colpe su La Barbera che era, tra le altre cose, a libro paga dei Servizi Segreti, ma loro erano presenti e avrebbero potuto rifiutarsi di eseguire un ordine contrario alla legge, avrebbero potuto denunciare ma non lo hanno fatto. Le domande su Via D’Amelio sono tante: dall’agenda rossa sparita all’amico che aveva tradito Borsellino, come da lui stesso confidato ai colleghi Massimo Russo e Alessandra Camassa.

Nel caso del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio entrambi uccisi il 5 agosto 1989, invece, la stessa Procura di Caltanissetta nega l’accesso agli atti ed ottenere copia di un procedimento contro Giovanni Aiello, faccia da mostro deceduto nell’agosto 2017, per le stragi di Capaci, Via D’Amelio e il fallito attentato dell’Addaura. Che come è noto, intervennero Nino Agostino ed Emanuele Piazza a sventare l’attentato contro Giovanni Falcone.

Il procedimento contro Aiello, archiviato il 23 novembre 2012, contiene documentazione che potrebbero essere utili per far luce sull’omicidio di Agostino e sua moglie. Le indagini sul duplice omicidio hanno subito depistaggi da La Barbera e da uno dei tre indagati che, nel caso di Via D’Amelio, distrusse gli appunti di Agostino. La famiglia Agostino, tramite il legale rappresentante Repici, avevano ottenuto dal GIP di Caltanissetta l’autorizzazione ad accedere agli atti, ma la Procura lo ha impedito con un provvedimento firmato dal Procuratore Capo Andrea Bertone e dal sostituto procuratore Stefano Luciani, gli stessi che hanno rinviato a giudizio i tre poliziotti.

Vittime di serie A e vittime di serie B! Lo Stato deve garantire la medesima giustizia a tutti al fine di giungere alle verità per anni celate da depistaggi e lentezze giudiziarie. I familiari di Nino Agostino non sono diversi dai familiari delle vittime di Via D’Amelio ed è inspiegabile che la stessa Procura, da un lato apra le porte ad una nuova fase per arrivare alla verità di Via D’Amelio e dall’altra chiude la porta ed impedisce di giungere alla verità sulla morte di Agostino e la moglie.

Il padre Vincenzo Agostino che dal giorno dell’omicidio del figlio e della nuora non si taglia né barba né capelli, un padre che in un confronto in aula ha riconosciuto Aiello, un padre che con tanta dignità ed una forza d’animo inossidabile vuole giustizia, ma la Procura di Caltanissetta non vuole collaborare.

Giustizia a due velocità, disumana e decisamente giurassica!

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