Tra gli anni 60’ e 70’, quando l’Italia stava entrando nella sfera economica mondiale, il capitalismo industriale introdusse una marcia monarchia contro i lavoratori che fino ad allora erano stati i veri costruttori di una nazione post nazifascista. Un vero “esercito” di tute blu diedero vita alla scesa economica del paese collocando uno stato sociale fino a quel momento ridotto alla povertà dalla guerra. Una scesa che vide le famiglie progredire con i ricavi del duro lavoro, ma che riduceva il distacco tra il potere industriale e la società moderna.
Questo fenomeno constrinse i lavoratori al punto tale di dover dire basta al capitalismo industriale oppressivo e denigratorio. Infatti le lotte dei lavoratori e studentesche, gli scioperi e gli scontri, aprirono un evento cruciale per la storia sociale e sindacale italiana. Fu un decennio che vide una profonda crisi sociale ed economica non solo in Italia, ma in tutto il mondo industrializzato. Nonostante il duro rapporto tra il movimento studentesco e le sigle sindacali, i sindacati riuscirono, collettivamente, ad aprire un garantismo sociale collocando il lavoratore al centro della Nazione.
Un fenomeno quello della democrazia sindacale che poneva il lavoratore al centro dell’universo, della vita sociale e lavorativa. Uno status di assoluta progressività che diede la certezza ad ogni lavoratore di essere tutelato e rispettato nella sua forma umana e giuridica, senza più essere vessato è sottoposto al giudizio del capitalismo industriale. Un decennio, quello tra gli anni 60’ e 70’, così attuale e così tanto lontano. Di quella democrazia sindacale, oggi tanto decantata dalla presidenta Boldrini, ormai si ha un sfuocato ricordo. Un tempo i sindacati lavoravano in sinbiosi con i lavoratori ponendoli al centro di un progetto, poi il compromesso politico ha completamente cancellato il motivo per cui sono nati lasciando che la classe operaia sia schiacciata dalle politiche economiche.
Allora alla presidenta Boldrini si chiede, facendo riferimento proprio alla democrazia, dove sono finite tutte quelle lotte che hanno visto milioni di lavoratori scendere nelle piazze alla conquista di nuovo modello lavorativo? Un paradosso che vede quelle figure che un tempo vestivano la tuta blu e oggi, invece, entrano nei palazzi del governo con la cravatta; può mai esprimersi uno Stato con questo tipo di democrazia? Francamente l’immagine che il Jobs Act ha prodotto al Paese è privo di ogni forma democratica, grazie anche al tacito silenzio dei vessilli sindacali. Inevitabilmente il pensiero si sofferma sulle vittime che, grazie alla quella democrazia sindacale, hanno perso la vita per il lavoro; evitabili quelle lacrime prive di rispetto della Fornero. Poi il predominio del caporalato e di quelle multinazionali, tanto per citarne qualcuna: Ilva, Thyssen, il legame tra il sindacato e il lavoratore si riduce alle Manifestazioni di rito. Di democrazia sindacale s’intende.