Ormai si sa! La politica, soprattutto in Sicilia, è un affare di famiglia che si tramanda di padre in figlio.
Il mestiere di politico si acquisisce osservando le gesta di padri, nonni e zii come un’arte. L’arte di arraffare più poltrone possibili.
È il caso di Luigi Genovese, studente universitario, candidato nella lista di Silvio Berlusconi a sostegno di Nello Musumeci.
È il figlio di Francantonio Genovese, politico italiano, già sindaco di Messina dal 2005 al 2008, nipote di Luigi Genovese, senatore della Repubblica dal 1972 al 1994. Vanta nelle lista di parenti, anche un ex ministro: Nino Gullotti.
Quando si dice che la parentela fa curriculum!
Francantonio Genovese è stato condannato, il 23 gennaio 2017, in primo grado, ad 11 anni di carcere per il processo “Corsi d’Oro” accusato di truffa, riciclaggio, peculato e frode Fiscale.
Insomma un curriculum di tutto rispetto che gli ha permesso, dopo l’arresto e la successiva scarcerazione, di ripresentarsi in Parlamento.
Con un processo in via di svolgimento; pensare a presentarsi in Sicilia, avrebbe sollevato più di una polemica e cosa fa il Sig. Genovese? Presenta il figlio.
Dal canto suo, il giovane rampollo, cerca di smorzare le polemiche riguardo alla sua candidatura, tentando una difesa presentandosi con la faccia pulita della sua giovane età.
Sostiene di non essere un candidato alla ricerca di una poltrona, di non indossare alcuna maglia, nemmeno quella del padre.
Ha affermato che, la passione per la politica l’ha ereditata dal padre.
Speriamo che non abbia ereditato anche la capacità di truffare dal padre!
Che meriti ha Luigi Genovese? Solo quello di appartenere ad una famiglia che ha fatto della politica, in Sicilia ed in Italia, un mestiere che si tramanda di padre in figlio.
Non giudichiamolo per il cognome, ma non venga a dire che non è a caccia di una poltrona come lo furono i vari Alfano, Mattarella, Orlando Cascio.
Sicuramente Messina, la città di famiglia che storce il naso, che si lamenta per essere tra le cenerentole d’Italia, non mancherà di votarlo perché funziona così: favore chiama favore.
Nel nome del padre, si presenta il figlio.