Il voto amministrativo, per il M5S, non è una battuta d’arresto, ma l’espressione di una profonda sfiducia dell’elettorato italiano nelle capacità di governo di una formazione politica che, solo un anno fa, sbaragliava i tradizionali partiti in grandi e piccole città.
Gli elettori hanno manifestato con chiarezza tutta la loro delusione per l’operato degli amministratori pentastellati, gratificandoli di un consenso che si è rivelato di gran lunga inferiore ad ogni ragionevole aspettativa. Ed, a tal proposito, appare particolarmente
illuminante il caso di Parma, dove un sindaco, sia pur delegittimato ed espulso, ha ottenuto
una grande messe di voti come riconoscimento del suo buon governo della città. Forse se i vertici del movimento non si fossero ostinati a fare quadrato attorno all’indifendibile Raggi ed avessero ammesso le carenze e gli errori di quella gestione, invitando la sindaca a fare un passo indietro, i risultati di questa tornata sarebbero stati meno severi. Hanno preferito ostentare arroganza, professare, oltre ogni ragionevole evidenza, la loro superiorità rispetto ai protagonisti del passato, e adesso gli viene presentato un conto salatissimo.
La disfatta lascia, comunque, sul campo, come effetti collaterali, altre vittime: quei giornalisti che da tempo andavano saltellando sul carro del presunto vincitore, ed ora barcollano come pugili suonati nei talk show televisivi e quanti si ostinano ad invocare più sinistra per tutti, aprendo autostrade al revival del centrodestra, che è tornato più pimpante ed arzillo di prima.
E noi italiani, non potendoci permettere il lusso di aspettare Macron, dobbiamo accontentarci del solito Godot.