Quanti non hanno pensato ogni tanto di eclissarsi o meglio ancora diventare invisibili, lasciando impegni e persone in sospeso? Alcuni minimo una volta al giorno! Certo, sarebbe utile sottrarsi a tutti e a loro all’insaputa favorire al meglio la propria esistenza, togliendosi più di una soddisfazione. Magari, possedere il mitico Anello magico di Gige, che secondo la mitologia greca riesce ad avere il dono dell’invisibilità. Infatti, la leggenda narra del pastore bovaro Gige, che vive alla corte del re Candaule in Lidia, occupandosi dei buoi. E sembra che un giorno, dopo un terremoto e un’alluvione, mentre pascola il bestiame sprofonda in una voragine, trovando non poche meraviglie. Tra queste un grande cavallo di bronzo con degli accessi, che Gige attraversa curioso e incantato da quella strana avventura. Imbattendosi anche nel cadavere di un uomo molto grande completamente nudo, con un anello d’oro al dito, di cui s’impadronisce indossandolo.
Gige durante una riunione con i pastori involontariamente gira il castone dell’anello verso l’interno e sparisce. Gli amici lo cercano non vedendolo più. Incredulo Gige riprova più volte, prima in un verso e poi nel senso contrario confermando la magia e diventando consapevole dei suoi effetti.
Infatti, con l’Anello Gige acquista il dono dell’Invisibilità, riuscendo poi a sedurre la Regina ingannandola e insieme a uccidere Candaule, diventando il nuovo re della Lidia. Da pastore a Re, con l’anello in mano insomma, il passo è breve, basta dileguarsi ed eliminare gli ostacoli all’insaputa di tutti.
Il mito dell’Anello di Gige viene narrato da Platone nel secondo libro dei suoi scritti filosofici la Repubblica, per dimostrare che anche l’uomo migliore se reso invisibile e quindi senza la condanna e il giudizio degli altri, diventa facilmente colpevole di atti gravi e aberranti. E nella sua opera esprime questo concetto attraverso Glaucone, sostenendo che esiste solo una moralità indotta dalle conseguenze e dalle imposizioni, ma non personale. Rispondendo in questo modo al pensiero di Socrate, che contrariamente ritiene che l’uomo scelga il giusto e il bene sentendosi appagato.
In seguito negli anni Novanta, con l’avvento d’Internet e dei social, gli psicologi Martin Lea e Russell Spears, hanno trovato un’analogia nella storia con lo stesso atteggiamento usato dalle persone navigando in rete, che rende gli utenti dall’identità nascosta particolarmente aggressivi, noti come Troll. Definendo questa tendenza, oggi attualissima, l’Effetto Gige.
E sicuramente a molti lettori è capitato a volte anche nei rapporti personali di subire una sfacciata e impunita maleducazione online, come se tutto fosse permesso nelle chat. In effetti, nella rete diventa facile evitare le buone maniere e anche il minimo garbo risulta uno sforzo irrisorio.
Motivo per cui se l’uomo non possiede il dono dell’invisibilità è proprio perché ne farebbe un cattivo uso. Considerando gli insaziabili appetiti umani meglio sparire solo assentandosi, ma restando visibili e presenti agli altri e a se stessi, senza danneggiare nessuno. Se fossimo dotati dell’Anello di Gige, sicuramente la vita umana su questo pianeta sarebbe estinta da tempo. Un’umanità disintegrata dagli istinti più bassi, vittime di se stessi e della propria mediocrità. In fondo la coscienza sociale nel rispetto dello Stato e del singolo, preserva non solo l’altro, ma anche se stessi, illudendosi di essere migliori.
Gige sfrutta i poteri dell’anello
Resosi conto di questo fatto, sperimentò se fosse l’anello ad avere questo potere e gli accadde proprio così, quando volgeva il castone verso l’interno diventava invisibile, vero l’esterno visibile. Accortosi di ciò, fece in modo di diventare uno dei messaggeri che vengono inviati dal re e, sedotta sua moglie dopo essere giunto ( a corte ), teso un tranello con lei al re, lo uccise e così ottenne il potere…
Ora, qualcuno potrebbe dire che questo è evidente prova del fatto che nessuno è giusto di propria volontà, ma per costrizione, convinto che la giustizia non sia – nel privato – un bene, poiché ciascuno commette un’ingiustizia ogni qual volta pensi di avere la possibilità di farlo. Ogni uomo, infatti, pensa, in privato, che l’ingiustizia sia molto meglio della giustizia, e pensa bene, come dirà chi fa questo tipo di discorso. Perché, se qualcuno, impadronitosi di questa facoltà, non volesse commettere ingiustizia e neppure sfiorasse i beni degli altri, sembrerebbe essere sciaguratissimo e folle a coloro che se ne accorgono, eppure lo loderebbero gli uni di fronte agli altri, ingannandosi l’uno con l’altro per la paura di subire ingiustizia. I fatti, dunque, stanno così.
Platone Repubblica, II 358a-360d