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Il corno portafortuna per favorire il bene e fermare il male

| 12 Ottobre 2021 | CULTURA

Non è vero ma ci credo! In questa massima rientra anche il Corno Portafortuna, amato e posseduto un po’ da tutti. Spesso scambiato tra amici alla ricerca di fortune migliori o quantomeno nel tentativo di allontanare malocchi e disgrazie. Diffuso soprattutto in plastica e corallo,  simile a un peperoncino è un simbolo fallico di buona fortuna, che per avere gli effetti positivi deve essere regalato.

Le origini storiche risalgono al periodo neolitico (3500 a.C.), e sembra che l’uomo primitivo già appendesse le corna degli animali uccisi fuori dalle caverne, come auspicio di prosperità. Un simbolo conosciuto dalle civiltà cristiane, ebraiche, cinesi e siberiane.

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Invece, alcune leggende fanno risalire il corno alla mitologia greca e romana e la forma  “rappresenta il fallo di Priapo, dio della prosperità”. Infatti, Priapo figlio di Afrodite e forse di Dioniso,  rappresenta  “l’istinto, la forza sessuale maschile e la fertilità della natura”, sinonimo di prosperità e buon auspicio anche nella Roma antica. Sembra che l’aspetto intimo,  particolarmente esuberante di Priapo, sia dovuto a una maledizione di Era verso la madre Afrodite  ritenuta più bella di lei da Paride.

La vendetta di Era ricade su Priapo, colpevole prima ancora di nascere e reso deforme, ma anche apprezzato come simbolo di virilità e scaramanzia. In questo caso non tutti i mali vengono per nuocere e il danno diventa pregio. E in molti affreschi, mosaici, ville e abitazioni romane, vengono riproposte le virtù di Priapo,  raffigurate davanti alle dimore per favorire il bene e fermare il male.

O usato anche allora, come un oggetto da indossare contro la iettatura e come tuttora si usa in tutto il mondo e culture con diverse tradizioni. In Italia e in particolare nel Napoletano, s’ispira al fallo di Priapo, dove i migliori sembrano quelli fatti a mano, che dal Medioevo diventano amuleti, capaci magicamente di allontanare gli influssi negativi.

A Napoli il Corno Portafortuna è uno dei tanti simboli della città e non esiste  luogo, dove non sia affisso e negozi o bancarelle che non lo vendano, per contrastare  la tanta malaugurata sfortuna. Botteghe che fanno del corno un’arte tra superstizioni, credenze e malocchio. Per il grande Eduardo De Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”.

Tra i portafortuna da ricordare anche il ferro di cavallo, il quadrifoglio, la coccinella e altri talismani conosciuti in inglese come lucky charm e in francese porte-bonheur.

Ma il corno portafortuna, piccola riproduzione fallica di Priapo non si batte e resta il migliore: rosso, rigido, storto e appuntito. Se poi si aggiunge la formula napoletana sui noti “curnicielli” per invocare potenza, fertilità e fortuna, sicuramente l’amuleto qualche effetto lo favorisce, fosse solo per la sana convinzione che spinge a far di bene in meglio.

“San Gennaro, san Girolamo, san Crispino, san Giustino usa il mio cornetto, dagli fuoco, dagli vento. San Gennaro, san Girolamo, usa il mio cornetto. San Crispino, san Giustino, fammi vincere il quattrino. Sant’Eufemia, sant’Assunta, non tremate nell’aggiunta. Nel borsello il mio quattrino, il cornetto al santino”.

TAG: amuleti, corno, iettatura, Italia, leggenda, malocchio, mitologia, Napoli, portafortuna, Priapo, Roma antica, scaramanzia, superstizione
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