Approda oggi alla Camera, a partire dalle 14, la riforma della Giustizia della ministra Marta Cartabia. Al via quindi – con il voto sulle pregiudiziali – l’esame del testo, sul quale la maggioranza ha trovato un accordo che dovrebbe essere ormai “blindato”, anche se nel governo l’attenzione rimane alta soprattutto sui possibili strappi all’interno del M5S, anche se fonti dell’esecutivo ritengono “improbabile” che possano esserci modifiche dell’ultimo minuto. Giuseppe Conte ha intanto convocato per oggi pomeriggio alle 18.30 una riunione con i deputati e senatori pentastellati per fare il punto sulla riforma.
Il timore è che ci possa essere qualcuno o qualche partito che possa mettere nuovi paletti e aprire nuove questioni. Non è passato inosservato il via libera all’emendamento dell’azzurro Pierantonio Zanettin in cui si chiedono “criteri più stringenti” per la riapertura delle indagini: la previsione potrebbe rischiare di sollevare ulteriori dubbi tra i 5 Stelle che hanno anche dovuto rinunciare a un esplicito riferimento a un allungamento dei tempi di prescrizione per i reati contro la Pa e che intanto, ad esempio, si uniscono a Leu per chiedere di dare più tempo ai processi per le catastrofi ambientali. Tuttavia, nonostante arrivino appelli dagli ex M5S a non votare la riforma, i 5 Stelle assicurano di essere compatti.
Il vicepresidente del Csm, Davide Ermini, a Repubblica spiega che secondo lui i principi della riforma della Giustizia sono condivisibili, ma per raggiungere gli obiettivi, garantendo la non impunità e mettendo al sicuro i processi in corso, non basta una legge, servono più risorse. Ermini invita a passare “dall’astrattezza delle norme a concreti investimenti e misure organizzative”. I fondi Recovery possono bastare per il contingente, riflette, ma va mantenuto l’impegno di destinare una parte significativa del Pil alla giustizia. E avverte: “Dico subito che se le cose dovessero andare male non si potrà gettare la responsabilità sulla magistratura”.