
E’ una domanda che molti si stanno facendo. La pandemia ha portato ed accelerato molti cambiamenti, già in programma da tempo. Con mente neutra ed equilibrio dobbiamo come sempre avere la capacità e libertà di poter giudicare quello che realmente sta accadendo.
Dove vuole arrivare la robotica? Verranno messe in pericolo le libertà dell’individuo attraverso un’ideologia transumanista? Quanti posti di lavoro verranno messi in discussione per l’avvento dell’intelligenza artificiale? Se da tempo nelle catene di montaggio la macchina ha sostituito l’uomo, ad oggi anche il politico di professione potrebbe perdere il suo posto e essere sostituito da un robot. Meglio l’intelligenza artificiale (AI) di un politico in carne e ossa.
Lo pensa il 59% degli italiani e il dato emerge da una ricerca condotta dal Center for the Governance of Change dell’IE University in 11 Paesi intervistando 2.769 persone. In Europa il 51% ha detto di essere favorevole a un’opzione del genere, in Cina la percentuale sale al 75%. La ricerca fa il paio con quella condotta un paio di anni fa a livello aziendale, da cui è emerso che i dipendenti preferirebbero un algoritmo come manager.
Questi risultati sono il prodotto “di anni di perdita di fiducia nella democrazia come forma di governo”, ha commentato Oscar Jonsson, direttore accademico del Center for the Governance of Change e tra i principali autori dello studio. I motivi di scetticismo, secondo i ricercatori sono legati alla crescente polarizzazione politica e alle bolle informative, cioè la personalizzazione dei risultati delle ricerche sui siti in base al comportamento dell’utente. In Europa, la percentuale più alta di persone che preferirebbe un algoritmo a un politico è in Spagna (66%), ma ci sono Paesi scettici.
Nel Regno Unito, ad esempio, il 69% delle persone è contro l’AI che sostituisce i parlamentari. Anche il 56% degli olandesi e il 54% dei tedeschi dice no. E’ contrario anche il 60% degli statunitensi. Le opinioni variano anche a seconda delle fasce di età. I più giovani sono più aperti all’ipotesi dell’intelligenza artificiale in Parlamento: oltre il 60% degli europei di 25-34 anni e il 56% degli europei di 34-44 anni sono favorevoli, mentre gli over 55 sono più spesso contrari. Perdita di fiducia nella politica e nelle istituzioni e intanto qualcuno getta l’amo per un possibile “cambiamento radicale”.
Potrebbe sembrare uno scherzo, ma in realtà già moltissime professioni vengono svolte da robot. Secondo le previsioni, circa il 60% di tutte le professioni e circa il 30% dell’orario di lavoro potranno essere automatizzati entro il 2030. L’Agenzia di Stampa cinese Xinhua ha presentato al sesto Congresso Mondiale delle Agenzie di Stampa i suoi “robot-giornalisti“, in grado di condurre il TG in lingua cinese, inglese e russa, gestiti dall’intelligenza artificiale (A.I.). Irina, è la nuova impiegata robot dell’ufficio postale russo. La catena “Hotspot” a Pechino ha aperto il suo primo ristorante “A.I.” con 18 robot capaci di preparare fino a 8000 piatti al giorno. La catena di supermercati scozzese Margiotta ha Fabio, il commesso robot, così anche la catena Walmart ha come “dipendenti” dei robot.
Nei prossimi anni, 120 milioni di persone dovranno riqualificarsi. Entro dieci anni, a causa dell’automazione e lo sviluppo tecnologico, scompariranno di circa il 30% dei posti di lavoro. Le Intelligenze artificiali assumeranno ruoli di lavoratori instancabili ed intelligenti, di dottori, opereranno, costruiranno, saranno poliziotti, insegnanti, probabilmente con il tempo vorranno avere diritti come gli uomini e prenderanno posti di potere. Nessuno mette in discussione l’importanza della scienza e della tecnologia, ma questo deve rimanere a servizio dell’uomo.
Molti tecno-capitalisti vedono nella robotica un valido strumento per omologare l’intero pianeta. Gli stessi scienziati pongono dei seri punti interrogativi, che non possiamo ignorare. La paura che le persone possano perdere il controllo delle proprie vite. Le tecnologie autonome riducono di moltissimo – quando non eliminano del tutto – la necessità del coinvolgimento delle persone in moltissime attività: se lo specifico dell’uomo era la capacità decisionale, in un mondo in cui sono le macchine a decidere, questa capacità perde di interesse diventando inutile. Ciò ha come conseguenza che le persone potrebbero diventare dipendenti dai sistemi intelligenti automatizzati.
Il futuro del lavoro è un’altra grande preoccupazione degli esperti. Moltissime persone svolgono lavori manuali semplici e automatizzati, molte persone svolgono lavori intellettuali di routine o comunque descritti da procedure: l’intelligenza artificiale può sostituire entrambi in modo più economico e più efficiente. Quindi diventa necessaria una lungimirante strategia di transizione economica e sociale per evitare che le conseguenze “positive” della IA si trasformino in una macelleria sociale nel breve periodo, con la nascita di risentimento e disagio sociale che andrebbe a sommarsi sull’attuale periodo di crisi economica e istituzionale.
C’è un altro aspetto meno evidente ma altrettanto pernicioso che gli esperti mettono in evidenza: le conseguenze della dipendenza cognitiva dalle IA. In un mondo in cui nessuno più ricorda i numeri di telefono perché ben conservati nelle rubriche di cellulare, in cui una cosa esiste se è presente nei primi dieci risultati di Google, in cui una informazione è vera perché “l’ho letta su internet”, le IA non potranno che continuare a scavare questo solco nella coscienza e nella capacità critica delle persone fino a diventare uniche bussole della nostra capacità di confrontarci col mondo.