La politica è opinione e , come tale, va sempre rispettata in un contesto che sia democratico. La matematica invece non è opinabile ed i conti non lasciano scampo : o tornano o non tornano, su questo non c’è possibilità di discussione. I problemi per le idee politiche sorgono quando finiscono per confliggere clamorosamente con la cruda realtà delle cifre perché a quel punto divengono non più credibili e quindi non più condivisibili. E’ il caso del sovranismo estremista ed antieuropeista che pare essere divenuto il cavallo programmatico di partiti che, stando ai sondaggi , vanno per la maggiore. Mentre il patriottismo risorgimentale ha rappresentato uno dei momenti più nobili della nostra storia ed era perfettamente coerente con un contesto indirizzato verso l’unitarietà degli stati nazionali, l’odierno nazionalismo volto alla possibile disgregazione dell’unità europea risulta non solo antistorico ma anche non credibile perché completamente avulso dal pesante fardello economico che grava sull’Italia dei nostri giorni. Sono infatti le cifre che inesorabilmente riportano tutti, antieuropeisti compresi, all’amara realtà dei fatti.
A metà dicembre il debito pubblico italiano ha toccato il suo nuovo record, 2587 miliardi di Euro. Una cifra difficile perfino da scrivere e più ancora da immaginare ed in rialzo di 3,2 mld rispetto al mese precedente. E, purtroppo, non è finita qui. Altri numeri sono stati dati recentemente dal Presidente del Consiglio che ha comunicato che dal marzo scorso sono stati spesi 70 mld di soldi pubblici per l’emergenza covid, 16 mld per aiuti alla cassa integrazione (provenienti dal fondo SURE Europeo), mentre dei 209 mld del recovery fund solo 89 sono a fondo perduto mentre 120 sono prestiti. Insomma più di 200 mld di ulteriore debito di cui poco o nessuno parla mentre i sopraddetti antieuropeisti hanno a lungo hanno suonato la grancassa della propaganda sui condizionamenti derivanti dai 36 mld del MES sanitario, meno di un quinto del nuovo ulteriore debito sul quale manca qualsiasi richiamo alla responsabilità. Con siffatti chiari di luna è assai probabile che il nostro debito arrivi in un futuro non molto lontano a sfondare i 3.000 mld. La domanda cui i sovranisti, e non solo loro, non rispondono è semplice e drammatica allo stesso tempo: chi paga? Una prima risposta c’è ed è sicura. Non certo i politici che a questo colossale abisso ci hanno portato ma i cittadini italiani, soprattutto quelli delle future generazioni. Se oggi il nodo non è ancora venuto al pettine è solo perché l’Europa,” matrigna e sfruttatrice”, continua a prestarci i soldi per tirare a campare. Lo fa acquistando i nostri titolo di Stato tramite la BCE, quasi 200 mld nel solo 2020, e con i vari programmi di aiuti economici ordinari e straordinari (per la pandemia) per ulteriori 1350 mld. Una valanga di denaro con il quale lo Stato italiano ha potuto continuare a pagare la sanità, la scuola, le forze di sicurezza ed i servizi, le pensioni. Tutta spesa improduttiva mentre neppure un euro, ad oggi, è stato destinato agli investimenti ed alle riforme necessarie a rilanciare il PIL e soprattutto tagliare gli sprechi che non poco hanno contribuito alla crescita del debito. In particolare la corruzione diffusa a tutti i livelli e l’enorme espansione della Pubblica Amministrazione per assunzioni non finalizzate all’efficienza ma legate a motivi clientelari e di consenso politico e che hanno reso il sistema Italia sempre più contorto ed improduttivo.
Eppure l’unica possibile soluzione per il futuro del nostro Paese non può che essere questa: tagliare le spese inutili e aumentare il prodotto interno lordo rilanciando economia ed investimenti. Ma per questo serve una classe dirigente che anteponga le prospettive e gli interessi delle future generazioni agli slogan populisti di facile presa, ai personalismi ed ai sondaggi del momento. Con la piena consapevolezza, da trasmettere chiaramente anche ai cittadini elettori, che la sovvenzione europea non durerà all’infinito. Gli aiuti ordinari e straordinari della BCE sono stati prorogati a giugno 2021 e probabilmente arriveranno sino a fine anno. Ma con ogni probabilità con il 2022 cesseranno gli acquisti dei nostri titoli di stato e verranno reintrodotti i parametri, al momento sospesi per la crisi pandemica, sui quali si fonda il patto di stabilità e crescita della U.E. e cioè un rapporto deficit/PIL pari al 3% e debito/PIL non superiore al 60 %. Vien da rabbrividire pensando che non è irrealistico che nel 2021 i parametri italiani potrebbero essere al 13% per il primo ed al 160% per il secondo. Nel corso dell’anno venturo 2022 l’Italia potrebbe trovarsi senza sufficienti acquirenti delle nostre obbligazioni od a trovarli solo offrendo interessi insostenibili ed al tempo stesso nella necessità di dover rientrare nei parametri di Maastricht con un rovinoso aumento dell’imposizione fiscale se incapace di aumentare la propria capacità produttiva. L’alternativa è solo l’uscita dalla U.E. con prospettive ed inflazione da repubblica sudamericana ed il conseguente default dello Stato. Ecco che allora risorge spontanea la domanda: a quel punto chi paga per evitarlo ? Inutile cercare risposte in ricette antieuropeiste, a pagare l’inevitabile restituzione del debito dovuto sarà sempre Pantalone, il cittadino medio italiano che a differenza dello Stato non ha sperperato negli anni ma accumulato 1700 miliardi di risparmi che crede al sicuro sui propri conti correnti. L’esperienza di prelievi forzosi notturni l’abbiamo purtroppo già vissuta. Riusciremo ad evitare di ripeterla?