Da circa un mese siamo bombardati da una sola ed esclusiva notizia: il Coronavirus. Sembrava l’apocalisse. E’ davvero importante cercare di capire come l’informazione viene pilotata per creare terrorismo, paura nella popolazione. “Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare”. Così scriveva il padre della scienza delle Pubbliche Relazioni Edward Bernays nel 1928 nell’incipit del saggio Propaganda, spiegando che esiste un potere invisibile che dirige le opinioni e le abitudini delle masse nei sistemi democratici. Il pensiero di Bernays, ad oltre 90 anni di distanza, rimane più attuale che mai. Tornando alla “malattia epocale” (il Coronavirus), le ultime ricerche, dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ccdc) rilevano che oltre l’80% dei casi finora è stato lieve, e che proprio i malati e gli anziani sono maggiormente a rischio. Il rapporto del Ccdc mostra inoltre che il tasso di mortalità della provincia ‘nell’occhio del ciclone’ è del 2,9% rispetto allo 0,4% nel resto del Paese. I risultati hanno portato il tasso di mortalità totale di Covid-19 al 2,3%. L’analisi condotta mostra che l’80,9% delle infezioni è classificato come lieve, il 13,8% come grave e solo il 4,7% come critico. Il numero di morti tra le persone infette, noto come tasso di letalità, rimane basso, ma aumenta tra le persone con più di 80 anni. Quanto al genere, lo studio sembra confermare le prime sensazioni: gli uomini appaiono più esposti a rischi letali (2,8%) rispetto alle donne (1,7%). Il report identifica anche le malattie pre-esistenti che mettono più rischio i pazienti. Al primo posto figurano le patologie cardiovascolari, seguite da diabete, malattie respiratorie croniche e ipertensione. Buone notizie per i più piccini: lo studio ha individuato un tasso di mortalità pari a zero per i bambini piccoli. Guardando al futuro, il documento rileva inoltre che “la curva epidemica dell’insorgenza dei sintomi” ha raggiunto il picco intorno al 23-26 gennaio, prima di diminuire all’11 febbraio. Inoltre, da lunedì, in Cina, il numero giornaliero di casi di nuova malattia da coronavirus (Covid-19) è sceso per la prima volta a meno di 2.000. Lo ha affermato Mi Feng, funzionario della National Health Commission. Una buona notizia arriva anche dal numero quotidiano di nuovi decessi, che è sceso a meno di 100 in tutto il Paese. E anche fuori dalla provincia di Hubei, il ‘cuore’ dell’epidemia cinese, le nuove infezioni confermate sono diminuite per la prima volta ad un numero inferiore a 100. Adesso, acqua sul fuoco arriva anche dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità). “La maggior parte dei pazienti, l’80% – spiega Michael Ryan, capo del programma di risposta alle emergenze – contrae una forma molto lieve del virus e tutto finisce in un paio di giorni, ed è un’ottima notizia per i giovani e i giovani adulti. Ma c’è anche un numero significativo di persone, ben il 20% dei pazienti, che si ammala in modo molto grave”. Cercare di non farsi mai trascinare da tutto quello, che ci viene proposto. Che cosa è cambiato nei decenni e come si sono evolute le tecniche del controllo sociale? In che modo il potere fabbrica il consenso e orienta le scelte dei cittadini? Come si inserisce in questo meccanismo l’attuale battaglia sulle fake news? Che cos’è la post-verità? Per chiarire alcuni passaggi, rimane molto interessante il lavoro della scrittrice e giornalista Enrica Perucchietti nel suo libro “Fake News” (Arianna Editrice). Nel libro, viene analizzato il rapporto tra i mezzi di comunicazione, il potere e le strategie del controllo sociale, mostrando come i primi a mentire all’opinione pubblica siano proprio i media mainstream. Riprendendo e attualizzando le tematiche portanti del capolavoro di George Orwell, 1984, l’autrice mostra come la battaglia contro le fake news intenda reprimere il dissenso e censurare l’informazione indipendente, introducendo – di fatto – lo psicoreato e impedendo alle persone non solo di esprimersi, ma persino di pensare. Ai metodi repressivi oggi si preferisce affiancare la manipolazione “dolce”, volta a far credere ai cittadini – secondo la lezione di un altro romanzo distopico, Il mondo nuovo di Aldous Huxley – che siano liberi di scegliere, quando invece tutte le loro decisioni vengono prese e orientate dall’alto. In entrambi i modelli di totalitarismo, cupo e dolce, è però fondamentale la propaganda. Nessun regime può infatti sostenersi senza di essa, così come, paradossalmente, le democrazie occidentali fanno ricorso proprio alla manipolazione capillare dell’opinione pubblica.