Alla fine è finito nel cestino lo Spitzenkandidat, una sorta di manuale Cencelli del “popolo europeo”, che distribuisce da sempre incarichi e poltrone con il bilancino tra le designazioni dei grandi partiti e le indicazioni del voto popolare.
Come era giusto e come auspicato, peraltro, da questo giornale in tempi non sospetti. Resta, però il fatto che, dopo le tribolazioni di questi giorni, il quadro di governance della nuova Europa che dovrà ora superare l’esame del Parlamento europeo (passaggio non rituale) esprime in tutto e per tutto il segno dei grandi Paesi mandatari e delle tradizionali famiglie politiche che si affidano a valenti professionisti di loro fiducia.
Dietro la scelta di due donne – è la prima volta – di assoluto valore e di lunga esperienza politica, la tedesca Ursula von der Leyen e la francese Christine Lagarde, per la guida della Commissione europea e della Banca Centrale Europea, si vede a occhio nudo il peso e la forza di un’Europa che è quella francotedesca di sempre.
Forse, pur nella palude di un Europarlamento privo di un blocco di controllo, il nucleo storico dei Paesi Fondatori – con la scontata ancorché masochistica autoesclusione dell’Italia, sempre un gradino più sotto ma sempre lì – ha oggi con mani affidabili e capaci una presa che rischia di essere visibilmente, e nei fatti, addirittura più forte delle stagioni precedenti. Con questo muro il governo gialloverde ha dovuto e, ancor più, dovrà fare i conti.
Abbiamo detto con chiarezza da subito che ci trovavamo dentro una proposta di procedura di infrazione solo per eccesso di bullismo sovranista perché non volevamo riconoscere, per iscritto, che quota 100 e reddito di cittadinanza non avevano funzionato e liberavano risorse…