La Cassazione ha annullato la condanna a 2 anni di reclusione nei riguardi di Ignazio Marino “perché il fatto non sussiste”.
Ignazio Marino, dopo esser stato assolto in primo grado e condannato in Appello, è stato scagionato dall’accusa di peculato e falso.
Nel settembre del 2015 Marino venne iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma.
M5S e Fratelli d’Italia avevano, tramite un esposto, contestato la legittimità di alcune spese. Spese che, a conti fatti, sarebbero risalite allo stesso Ignazio Marino, ma che egli avrebbe effettuato con la carta di credito del comune di Roma.
Marino, eletto Sindaco di Roma nel 2013, fu costretto a lasciare la carica nell’ottobre del 2015. Allo stesso modo, lasciarono le loro cariche anche i consiglieri comunali del PD che lo appoggiavano.
Ma Ignazio Marino non è nuovo a queste forme di accanimento mediatico e politico. Sembra che questa sia l’amara sorte che attende tutti coloro che si apprestano ad essere eletti Sindaci della capitale d’Italia.
Col Pandagate, prima, e con la querela per diffamazione da parte del Movimento Cinque Stelle; M5S aveva querelato l’ex sindaco di Roma perché quest’ultimo aveva accostato alla mafia l’omonimo movimento.