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Liste d’attesa, per il 40% degli italiani è la prima causa per rinunciare alle cure

| 26 Gennaio 2019 | IL FORMAT

Il sistema sanitario sta sprofondando e con lui il diritto fondamentale alla cura dei cittadini. Lunghe liste d’attesa, sperimentate da quattro italiani su dieci, scarsi finanziamenti pubblici e spesa privata in aumento. L’impietosa fotografia del Sistema Sanitario Nazionale viene da un rapporto di European House-Ambrosetti, e sono stati presentati a Roma nel corso di un incontro organizzato da UniSalute, società che gestisce 43 Fondi Sanitari integrativi di categoria. Nel 2018 quasi il 40% degli adulti in Italia, circa 20 milioni di persone, ha avuto una o più esperienze di liste di attesa di più di un mese, si legge nel rapporto. Il 48,5% di chi ha sperimentato le liste di attesa per le prestazioni Asl ha avuto anche una o più esperienze di Pronto Soccorso. Le situazioni più critiche si hanno per le visite specialistiche, che ha dovuto attendere circa il 60% di chi ha sperimentato una lista, e gli accertamenti diagnostici (42,7%), con delle punte nelle attese che hanno superato anche i 120 giorni. Lo studio mostra come l’incidenza della spesa sanitaria pubblica italiana sul Pil (pari a 6,6%) sia minore della media europea (7,4%) e nei prossimi anni sia destinata a diminuire e con un gap, rispetto agli altri paesi del Vecchio continente, destinato ad ampliarsi: Germania, Svezia e Paesi Bassi, ad esempio, spendono più di 4.000 euro l’anno per ogni cittadino, quasi il doppio di quanto spende l’Italia. Questo si sta traducendo, avvertono gli esperti, in una maggiore spesa da parte dei cittadini. “La tendenza all’aumento della spesa sanitaria privata e soprattutto di quella out of pocket (ben il 24% in più negli ultimi anni) – scrivono gli esperti – evidenzia uno stato di sofferenza del nostro sistema sanitario nazionale in considerazione di uno sbilanciamento demografico verso la fascia più anziana delle popolazione che genera conseguentemente una maggiore domanda di salute”. Ben il 91% della spesa privata (36 miliardi di euro) è stata out of pocket, ovvero sostenuta interamente di tasca propria dai cittadini, mentre solo per il rimanente 9% si è trattato di spesa intermediata. Un dato significativo, hanno sottolineato gli esperti all’evento, che conferma lo spostamento del finanziamento sempre più a carico dei cittadini e fa notare come la sottoscrizione di forme di sanità integrativa rimanga un fenomeno ancora limitato rispetto ad altri paesi europei: in Irlanda, Francia e Paesi Bassi la componente intermediata raggiunge un’incidenza superiore al 40%. “Siamo convinti che la sanità integrativa dovrà mantenere e ampliare il ruolo di primo piano grazie all’importante attività svolta ad oggi dai Fondi Sanitari di categoria che hanno consentito di intercettare parte della spesa diretta in sanità per oltre 5,8 milioni di assistiti”, ha commentato l’Amministratore Delegato di UniSalute, Fiammetta Fabris, che a chiusura dell’evento ha evidenziato come, in questi anni, i Fondi Sanitari di categoria da CCNL abbiano assicurato prestazioni per un valore di circa 2 miliardi di euro. Per il 16° Rapporto annuale “Ospedali & Salute 2018”, presentato pochi giorni fa in Senato, promosso dall’Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP) e realizzato dalla società Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema, oltre il 50% degli italiani, infatti, ricorre ai dipartimenti di emergenza quando non trova una risposta dalla medicina territoriale; mentre, in più di 1 caso su 4, tenta, direttamente, la strada del Pronto Soccorso come soluzione per ridurre i tempi di accesso a visite, accertamenti diagnostici e ricoveri, con tutte le conseguenze negative che ne derivano rispetto all’affollamento degli ospedali, costretti a far fronte a un numero crescente di pazienti, in molti casi senza avere le risorse e gli strumenti adeguati. Accade così che il 28,2% di chi si è rivolto al Pronto Soccorso nell’ultimo anno lo ha fatto in presenza di un disagio non grave, mentre il 6,9% lo ha fatto per la mancata reperibilità del medico di famiglia, per l’insorgere del problema di salute fuori dall’orario di visita o nel fine settimana. A causa dell’afflusso eccessivo e delle attese che ne derivano, il 24,4% degli utenti lamenta una scarsa soddisfazione del servizio di Pronto Soccorso, percentuale che sale al 36% nel Mezzogiorno.

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