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Amianto, 2mila morti in Lombardia

| 28 Novembre 2018 | IL FORMAT

Sono dati preoccupanti quelli del presidente dell’Osservatorio nazionale sull’amianto (Ona) Ezio Bonanni, forniti in occasione della presentazione in Tribunale a Milano di una serie di dati epidemiologici sulla presenza della ‘fibra killer’ e sulle patologie tumorali collegate. Milano è “la capitale dell’amianto con record di casi di mesotelioma” e in Lombardia ci sono stati “2.000 decessi solo nel 2017 per patologie asbesto correlate”. A Milano, ha aggiunto, c’è stata “una particolare trascuratezza nelle misure di sicurezza che, seppur in sé poco efficaci, avrebbero diminuito le esposizioni e dunque l’impatto della fibra killer sulla salute dei lavoratori e dei cittadini”. La magistratura, ha chiarito il pm Maurizio Ascione, titolare di molte inchieste su grandi aziende per la morte di operai finite con assoluzioni, “sta seguendo un profondo percorso sulla tematica, atteso il principio della obbligatoria azione penale che poi, però, deve confrontarsi con la verifica della responsabilità penale che è personale”.

Perché l’amianto è così pericoloso per la salute? Come fa a provocare il cancro ai polmoni? Una prima risposta arriva da uno studio svizzero coordinato da una ricercatrice italiana, Emanuela Felley-Bosco, del laboratorio di oncologia molecolare dell’Università di Zurigo. Secondo la ricerca, pubblicata sulla rivista Oncogene (Nature), tutto parte da un’infiammazione cronica, che porta poi al cancro. Finanziato dalla Fondazione nazionale svizzera per la scienza nell’ambito di un progetto che ha coinvolto gli ospedali universitari di Zurigo, Ginevra e Toronto, l’Università di Friburgo e il Politecnico federale di Zurigo, lo studio dimostra che l’amianto non causa direttamente il cancro ai polmoni.

Passa, invece, attraverso un sottile strato di cellule che riveste gli organi interni, il mesotelio. Qui le fibre restano bloccate, l’organismo non riesce infatti a eliminarle a causa della loro forma e dimensione, e provocano micro-lesioni che scatenano una risposta immunitaria. S’innesca, così, nei polmoni un’operazione di riparazione dei tessuti danneggiati, che favorisce però la proliferazione cellulare e la formazione di masse tumorali, portando al mesotelioma, un tumore raro ma letale che rappresenta meno dell’1% di tutte le malattie oncologiche. Il carcinoma polmonare, è la prima patologia della quale è stata studiata l’attinenza con l’esposizione alle fibre di amianto. Questa malattia rappresenta una delle neoplasie più estese in tutti i Paesi occidentali. E’ il tumore con il maggior numero livello di mortalità nel mondo (1,35 milioni di nuovi casi all’anno e 1,18 milioni di morti), e con la massima frequenza negli Stati uniti d’America e in Europa. Vengono colpiti prevalentemente soggetti fumatori e di età superiore a 50. Per quanto riguarda la mortalità, il cancro del polmone rappresenta in Italia la prima causa di morte per cancro nell’uomo e la seconda nella donna (dopo il cancro della mammella). Le Regioni a più alta mortalità per carcinoma ai polmoni sono la Liguria, il Friuli-Venezia Giulia, la Lombardia, la Toscana, il Veneto, il Piemonte, l’Umbria e l’Emilia-Romagna. Nei lavoratori esposti all’amianto il rischio di carcinoma polmonare aumenta con rapporto 4:1 rispetto ai non esposti.

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A seguito di approfonditi studi sull’asbesto, è divenuto sempre più verosimile che anche altre fibre minerali artificiali possano causare neoplasie per inalazione, infatti secondo le ipotesi dello studioso Mearl Stanton, è la morfologia delle lunghe e sottili fibre, ad essere la principale responsabile di carcinogenicità e non la sua natura chimica. Secondo un’indagine condotta negli anni scorsi dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono 107mila le persone che ogni anno perdono la vita per colpa dell’amianto. Poco più della metà, il 56%, è europea, nonostante nel Vecchio Continente risieda circa il 13% della popolazione del Pianeta. I tassi più alti di mortalità europea si registrano in Islanda con 25 decessi ogni 10 milioni di abitanti, in Italia sono, invece, 10. Ancora tante, troppe, secondo le indagini dell’Oms, le persone esposte all’amianto sul posto di lavoro: sono 125 milioni. Gli esperti stimano, infatti, che nel mondo siano ancora circa 2 milioni di tonnellate le fibre di amianto lavorate, soprattutto in Russia, Cina e Brasile.

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