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La sicurezza nazionale americana minacciata dagli americani

| 22 Novembre 2018 | ESTERI, IL FORMAT

L’ennesima, letale sparatoria ha destabilizzato gli Stati Uniti. La tranquillità routinaria di un lunedì pomeriggio qualsiasi è stata bruscamente spezzata dal rumore terrificante dei colpi di pistola. L’America, ancora una volta, ha dovuto guardarsi allo specchio e fare i conti con se stessa e con la contraddizione che più di tutte la caratterizza, l’annosa questione del possesso delle armi da fuoco.

Lunedì pomeriggio, un uomo ha scatenato una sparatoria a Chicago che ha causato quattro morti, incluso lui stesso. Tutto è iniziato nel parcheggio del Mercy Hospital. Juan Lopez, questo il nome dell’uomo, 32 anni, stava avendo una discussione con l’ex fidanzata, Tamara O’Neal, 38 anni, dottoressa del pronto soccorso dell’ospedale. Al culmine della discussione, Lopez ha estratto una pistola e ha ucciso la sua ex fidanzata. Dopodiché è entrato nell’ospedale sparando all’impazzata e ha ucciso un’altra donna, Dayna Less, 25 anni, che stava lavorando come ogni altro giorno ma ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nel frattempo alcuni agenti di polizia sono accorsi sul posto. Nello scontro a fuoco con le forze dell’ordine, Lopez è stato freddato ma è riuscito ad uccidere un agente di polizia, Samuel Jimenez, 28 anni.

La tragedia di Chicago è l’ennesima vicenda di questo tipo che sconvolge gli Stati Uniti. Sparatorie del genere avvengono molto spesso. A un ritmo quasi settimanale ci giungono notizie di uomini che compiono stragi in luoghi pubblici uccidendo civili innocenti. Il tutto favorito da una legislazione che permette a qualsiasi cittadino di dotarsi di un vero e proprio arsenale da guerra, tra cui fucili d’assalto automatici e tanti altri strumenti di morte. La strage più recente è stata quella della sinagoga di Pittsburgh, avvenuta lo scorso 27 ottobre, quando un suprematista bianco antisemita è entrato nell’edificio sacro sparando sulla folla. Il bilancio fu di 11 morti e 7 feriti. Questa strage, oltre all’alto numero di vittime, ha avuto pure un importante significato simbolico, poiché si è trattato del più sanguinoso attacco antisemita della storia americana. Tra Chicago e Pittsburgh vi è stata la strage di Thousand Oaks, in California, avvenuta lo scorso 7 novembre. David Long, ex marine con disturbi mentali, ha aperto il fuoco in un bar affollato della cittadina californiana. La sparatoria ha causato 12 morti, incluso il killer. Ma la strage più sanguinosa della storia americana è avvenuta l’anno scorso e non si può non menzionarla. A Las Vegas, la sera del 1° ottobre 2017, un pazzo di nome Stephen Paddock giocò al tiro al bersaglio con una folla di migliaia di persone che stava assistendo a un concerto, sparando dalla finestra della sua camera d’hotel. L’assassino uccise 58 innocenti servendosi di un vasto arsenale di armi da guerra, comprendente fucili d’assalto e di precisione, e dopo aver compiuto la carneficina si tolse la vita.

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Tutte queste stragi mostrano la totale inefficienza dell’attuale legislazione, la quale garantisce affari d’oro a produttori e venditori ma fallisce platealmente nel momento in cui si tratta di tutelare la sicurezza e l’incolumità dei cittadini. La liberalizzazione del mercato delle armi da fuoco e l’emendamento più anacronistico della costituzione statunitense vengono tutelati al prezzo della sicurezza di milioni di americani. La politica sembra incapace di affrontare il problema. In realtà, le ragioni per cui la politica non interviene potrebbero essere molto più subdole. La classe dirigente americana, o almeno una parte di essa, non ha la voglia né l’intenzione di affrontare di petto la questione forse perché non vuole inimicarsi le potenti ed influenti lobby dell’industria delle armi. Di certo non sarà il presidente Donald Trump a cercare di porre rimedio alla situazione visto l’endorsement pubblico fatto dalla National Rifle Association (Nra) durante la campagna elettorale del 2016. Inoltre, probabilmente, anche le frange più radicali del suo elettorato si opporrebbero a una restrizione dei diritti riguardanti la vendita e il possesso di armi.

La politica estera americana è stata spesso guidata dall’obiettivo di tutelare la sicurezza nazionale. Il mantra della sicurezza nazionale è stato invocato innumerevoli volte dai presidenti e dai segretari dell’amministrazione americana per giustificare interventi di vario genere all’estero ed è stato pure messo per iscritto in numerosi documenti relativi alla difesa del paese.

Bisogna sanzionare Iran e Russia perché questi paesi minacciano la sicurezza nazionale americana. Bisogna imporre dazi alla Cina scatenando una guerra commerciale perché le merci di Pechino minacciano la sicurezza nazionale. Bisogna mandare l’esercito al confine perché le decine di migliaia di immigrati che vogliono entrare nel paese ne minacciano la sicurezza. Bisogna sostenere l’Arabia Saudita nella guerra civile dello Yemen perché essa sta combattendo contro le milizie sciite di Ansar Allah, le quali sono clienti dell’Iran, il quale a sua volta minaccia la sicurezza nazionale. L’elenco potrebbe andare avanti ma il concetto è chiaro: la necessità di tutelare la sicurezza nazionale è stata ed è tuttora  uno dei motori che spinge la politica estera americana. Ma tale necessità entra pesantemente in contraddizione quando viene relazionata alla legislazione sulle armi da fuoco. Si può affermare a buona ragione che l’attuale legislazione mette in pericolo la sicurezza nazionale del paese. Ciò è dimostrato dalle sparatorie che avvengono frequentemente. La liberalizzazione della vendita e del possesso delle armi crea uno stato di perenne insicurezza nazionale negli Stati Uniti. Al di là del numero di morti, le persone che sopravvivono a queste stragi rimarranno traumatizzate per lunghissimo tempo (se non per il resto della loro vita) da quello che hanno vissuto e ogni volta che metteranno piede fuori di casa la mente non potrà fare a meno di ricordare ciò che hanno avuto la sfortuna di testimoniare. Vivranno con il timore perenne di ritrovarsi ancora una volta nel bel mezzo di una sparatoria e chissà se anche il quel caso saranno così fortunati da scamparla.

Per l’amministrazione americana, a prescindere da chi risiede nella Casa Bianca, la minaccia alla sicurezza nazionale è sempre stata all’esterno ed è rappresentata da un qualche governo o gruppo terroristico straniero. E se la vera minaccia fosse invece all’interno? Una minaccia concreta, e non solo percepita, che con cadenza costante miete decine di vittime e ne fa sprofondare nel terrore altre migliaia.

Riguardo agli effetti psicologici delle sparatorie, è molto significativo ciò che ha detto una donna sopravvissuta alla strage di lunedì. “Non puoi andare all’ospedale, non puoi andare a scuola, non puoi andare in chiesa, non puoi andare al supermercato, non puoi andare da nessuna parte ed è così in tutto il paese, non solo a Chicago. È triste. Non sai mai se quando entri in un posto poi ne uscirai vivo”.

TAG: armi da fuoco, Chicago, fucili d'assalto, II emendamento, lobby, possesso armi da fuoco, sparatoria, stati uniti, strage di Las Vegas
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