
Siamo giunti al giro di boa della presidenza di Donald Trump. Oggi i cittadini americani sono chiamati alle urne per le elezioni legislative di metà mandato (midterm) in cui si rinnovano la Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato. Inoltre, in ben 36 Stati si tengono anche le elezioni per scegliere il nuovo governatore.
Le elezioni legislative negli Stati Uniti si tengono ogni due anni e a seconda dei casi o combaciano con le elezioni presidenziali oppure con la metà del mandato del presidente, come avviene oggi.
Benché non abbiano a che fare direttamente con il presidente, le elezioni di metà mandato sono un termometro importante per misurare l’indice di gradimento del suo operato. Si può affermare che una vittoria dei democratici significherebbe che la maggioranza dell’elettorato americano non è favorevole a quanto fatto finora da Trump mentre in caso contrario il presidente ne uscirebbe rafforzato. Insomma, le midterm elections sono cruciali, in vista anche delle elezioni presidenziali che si terranno tra due anni.
La campagna elettorale per il voto odierno è stata caratterizzata, come da tradizione americana, da un linguaggio molto acceso teso a delegittimare l’avversario e da una tenace competizione tra gli aspiranti deputati del Congresso. Il presidente Trump è naturalmente sceso in campo per sostenere innanzitutto se stesso e poi il partito. Negli ultimi mesi il tycoon ha girato in lungo e in largo il paese e diversi analisti e giornalisti vedono nel voto di oggi una sorta di referendum sulla sua presidenza.
I temi della campagna elettorale portata avanti dal presidente sono stati essenzialmente due: immigrazione ed economia. Per quanto attiene al primo argomento, la carovana di decine di migliaia di persone che sta attraversando l’America Centrale per raggiungere gli Stati Uniti è caduta a pennello. La retorica trumpiana anti-immigrazione non poteva trovare un argomento migliore e più corposo. Il presidente americano ha dapprima minacciato di tagliare i finanziamenti e gli aiuti a quei paesi che non faranno nulla per fermare i migranti, poi ha deciso di inviare 5 000 soldati al confine per dare manforte all’agenzia federale che si occupa del controllo delle frontiere. Questi provvedimenti sono giustificati dal presunto pericolo invasione (vi ricorda qualcuno?). Per Trump il serpente umano di dimensioni bibliche proveniente dall’America Centrale è una grave minaccia per la sicurezza nazionale in quanto tra quelle migliaia di persone si nasconderebbero pericolosi criminali o quantomeno potenziali delinquenti.
Il secondo cavallo di battaglia del presidente è stato l’economia. Trump ha rivendicato la paternità degli eccellenti dati economici che sono stati resi noti nelle settimane scorse. Il Pil statunitense è cresciuto del 3,5 % nel terzo trimestre del 2018 andando al di là delle aspettative, ed è aumentata pure la spesa per consumi mentre la disoccupazione è al 4 %. La locomotiva a stelle e strisce va a tutta velocità e secondo il presidente il merito è tutto suo.
A controbilanciare la retorica di Trump ci pensa l’ex presidente Barack Obama che si conferma ancora la stella polare del partito democratico. Obama smorza l’entusiasmo del tycoon e afferma che se l’economia va a gonfie vele la responsabilità è sua e dei provvedimenti che prese quando era lui alla Casa Bianca. Inoltre, ha sminuito gli allarmi lanciati da Trump sul presunto pericolo invasione. “Quando mancano due settimane alle elezioni ci viene detto che la più grande minaccia per l’America è rappresentata da dei rifugiati poveri, deboli ed affamati che stanno a mille miglia di distanza. A volte la tattica di spaventare le persone e inventarsi le cose funziona” ha dichiarato. Ma l’ex presidente afroamericano critica anche la condotta e il metodo comunicativo di Trump, definendolo, implicitamente, un pericoloso bugiardo che mette a rischio la stabilità della democrazia americana. “Oggi abbiamo dei politici che mentono apertamente, spudoratamente e ripetutamente. Semplicemente si inventano le cose. Ci sono conseguenze quando le persone non dicono la verità – continua Obama che si premura di non nominare mai esplicitamente Trump – quando le parole smettono di avere significato, quando le persone mentono continuamente, la democrazia non può funzionare. Niente può funzionare”.
Le elezioni di metà mandato odierne si preannunciano cruciali e polarizzanti come poche. In campagna elettorale si è discusso tanto, e non solo di politica dura e pura. Sembrano essere in ballo non solo i seggi del Congresso, ma addirittura anche una parte dei valori su cui si fonda la società americana e per questo motivo è attesa un’affluenza superiore alla media. La campagna elettorale è stata caratterizzata da un’intensità elevata e l’importanza di questo voto è percepita pure dal presidente Trump. “Queste sono tra le elezioni più importanti del nostro tempo. Non direi che lo sono quanto quelle del 2016 ma ci siamo quasi” ha dichiarato in uno dei suoi comizi conclusivi.
Diversi sondaggi danno ai democratici la maggioranza alla Camera. Tuttavia, a prescindere da quale sarà l’esito, come ci hanno chiaramente dimostrato le presidenziali del 2016 e le elezioni italiane dello scorso 4 marzo, è sempre meglio diffidare dei sondaggi. Gli americani si recano alle urne (in realtà in alcuni Stati si è già votato) per decidere il destino degli ultimi due anni dell’amministrazione Trump.