Uno degli slogan più populisti e demagogici che ha portato all’elezione dell’attuale governo a maggioranza M5S è il cosiddetto “Reddito di Cittadinanza”: una misura che, secondo gli artefici di tale provvedimento, migliorerebbe sostanzialmente la situazione di milioni di persone (in Italia) che, nel momento attuale, vivono in condizioni di povertà.
Un antico proverbio cinese recita così: “Non dargli del pesce, ma insegnagli a pescare”.
La soluzione che viene prevista (ed è stata prevista) dal M5S per far fronte all’emergenza povertà in Italia (se di emergenza possiamo parlare) è quella di elargire una somma in denaro, a cadenza mensile, a tutte quelle persone certificate e dichiarate “povere” dal loro ISEE.
Ma partiamo dall’inizio, onde evitare di complicare la situazione già di per sé eccessivamente complicata.
I requisiti per ottenere il Reddito di Cittadinanza sono i seguenti:
Ovviamente, affinché si possa beneficiare con costanza nel tempo di queste “agevolazioni” economiche è necessario seguire determinate regole come, per esempio, l’essere iscritti al centro per l’impiego, iniziare un percorso di ricerca del lavoro, cercare il lavoro per almeno due ore giornaliere e molto altro.
Supposto che le casse dello stato non abbiano fondi illimitati ma siano perentoriamente soggetti a deficit ed eccedenze, dove si trova il denaro per far fronte al cosiddetto “Reddito di Cittadinanza”?
La risposta è pressoché semplice: se c’è un disavanzo dalle casse dello stato, lo si prende da questo disavanzo. Se non si è, invece, in grado di far fronte nell’immediato ad una spesa così ingente (si parla, infatti, di 16-20 miliardi di euro), questo denaro viene tolto da altri capitoli di spesa statale, entrate e bonus.
Secondo il M5S, questi 20 miliardi di euro possono essere abilmente presi (e prelevati) da:
Senza ombra di dubbio la promessa elettorale del reddito di cittadinanza può essere classificata come “populista”, in quanto promette mari e monti esclusivamente e solo con lo scopo precipuo di ottenere voti per essere eletti.
Da domani più pane per tutti!
Col reddito di cittadinanza non si rischia, forse, di:
Quello che servirebbe realmente all’Italia, se davvero il desiderio principale dei legislatori pentastellati è quello di risollevare le sorti di famiglie in condizioni di povertà, non sono certo degli incentivi economici.
Il motore dell’economia di qualunque paese, in qualunque parte del mondo, è l’investimento, inteso come “l’acquisto di un bene strumentale che venga utilizzato nel tempo e produca ricchezza”.
Visto che il reddito totale di un paese, che noi chiamiamo Y, è composto essenzialmente da due macro-fattori, che sono: la propensione al consumo e la propensione agli investimenti e considerato che la propensione al consumo (intesa come quella parte di reddito percepita che viene destinata dalle persone in spesa di beni di consumo) in Italia è pressoché costante, l’unico fattore in grado di influenzare realmente il reddito Y totale è un intervento nella propensione agli investimenti.
Riallacciandoci al nostro discorso sul reddito di cittadinanza: le condizioni che determinano un miglioramento reale della situazione delle persone che vivono sotto la soglia di povertà non sono certo qualche centinaio di euro in più al mese.
Al fine di migliorare sicuramente la situazione di aree della penisola italiana disagiata e in condizioni di povertà si rendono necessari investimenti economici, che creino occupazione e diano vita ad un circolo vizioso in positivo.