
Mentre ci si imbatte nelle costanti dichiarazioni del Ministro dell’Interno Matteo Salvini che richiede e ottiene la chiusura dei porti per i barconi di migranti a beneficio apparente dei cittadini italiani, nel corso del Vertice Europeo Informale tenutosi a Salisburgo, il Primo Ministro Giuseppe Conte chiede agli altri paesi europei che negano una possibile ripartizione degli immigrati, un contributo monetario solidale affinché l’Italia gestisca il “carico” delle stesse imbarcazioni. A questa esplicita richiesta, il Cancelliere tedesco Frau Merkel si è dichiarata contraria a dover scegliere tra accogliere direttamente o finanziare un altro stato europeo affinché lo faccia, questo in assenza di un piano concreto di supporto; mentre il Presidente francese Monsieur Macron ha sottolineato che chi non condivide il progetto politico Europa, farebbe bene ad uscire dall’area Shengen e dovrebbe rinunciare ai relativi fondi strutturali.
Allo stesso tempo sull’altra sponda del Mar Mediterraneo, il governo libico riconosciuto dall’ONU affronta nuovamente conflitti interni, tanto violenti da non consentire al Capo di Stato Al-Sarraj di partecipare all’Assemblea delle Nazioni Unite in New York, poiché rischierebbe di non poter più rientrare nel suo stesso paese. Nonostante l’accordo per il cessate il fuoco del 4 settembre con i ribelli libici, gli scontri sono continuati fino all’escalation del 20 settembre con l’uso di razzi a sud di Tripoli dove sono ancora presenti, nonostante gli accordi, le milizie della settima brigata di Kani. La prosecuzione del conflitto è anche ad opera della brigata misuratina di Sala Badi e le forze di sicurezza di Abu Salim, milizie che difendono la capitale e il fragile governo nato per mano dell’ONU.
Nella realtà ovattata in cui viviamo, le notizie filtrate e le realtà apparenti dominano lo scenario politico e sociale oltre che economico. Dalla Siria alla Libia, passando da Israele al Sudan, assistiamo ad un alternarsi di conflitti e tregue (mai rispettate), ma che permettono il calo di attenzione su notizie che dovrebbero far parte del nostro scenario quotidiano e che consentirebbero alla massa di capire perché ci sono persone, che si sentono costrette ad abbandonare la propria terra che è devastata da conflitti i cui costi in termini economici e umani sono coperti dai civili, dalla massa.
Come riporta Medici Senza Frontiere, nel campo d’accoglienza greco di Moria, pensato per l’accoglienza di 3100 immigrati, sono bloccati indefinitamente più di 9000 persone di cui un terzo è rappresentato da bambini e adolescenti, vittime di violenza, di autolesionismo infantile e molti di loro hanno tentato il suicidio. Per quanto riguarda gli sbarchi, UNHCR e OIM concordano nel dire che Spagna e Grecia hanno soccorso un il maggior numero di immigrati rispetto alla propria popolazione. Si stima che nella prima metà del 2018 sono arrivate via mare circa 34000 persone con una distribuzione maggiore in paesi come la Spagna con circa 11000 accoglienze (0,023% della popolazione), 12000 in Grecia (0,10%) e circa 13700 in Italia (0,022%), con una stima dei morti in mare pari a 784 persone. In valore assoluti, Malta non compare in questa classifica, pur ospitando 18,3 stranieri ogni 1000 abitanti a fronte dei 2,5 in Italia.
Il problema dell’accoglienza, dell’integrazione e anche dell’espulsione non può essere inteso come un problema puramente italiano: allargando lo sguardo è evidente che si tratta di una problematica globale. Per risolverlo pragmaticamente è necessario rendersi conto di non essere soli e che il problema non è nei numeri e tantomeno nelle nazionalità, ma è necessario superare il muro politico delle promesse elettorali e degli interessi dei singoli. Non può di certo un unico paese integrare socialmente e quindi anche in termini di lavoro migliaia di persone in un lasso di tempo breve, ma un fronte comune europeo potrebbe meglio accostarsi a questa necessità di integrazione poiché fortemente legato economicamente; inoltre il collasso per ragioni politiche, sociali ed economiche di uno o più dei paesi coinvolti porterebbe a serie conseguenze generalizzate.
Quindi, che senso hanno in questo contesto accordi bilaterali tra singoli paesi se non sottoscritti dall’Europa in quanto tale? Quanto ha senso parlare di mercificare una cooperazione solidale? È davvero misurabile la quantità di denaro da ricevere per affrontare da soli il problema? Asserire che la solidarietà di un paese europeo possa essere dimostrata e quantificata con un contributo economico, quanto è corretto nei confronti degli italiani considerando che si tratta di un fenomeno globale che investe tutta l’Europa? L’entrata di un indennizzo economico, probabilmente una tantum o rispetto al numero di ingressi, permetterebbe la creazione di nuovi posti di lavoro in numero tale da garantire l’integrazione e la possibilità di sopravvivere per i nuovi arrivati? Quanto denaro è necessario affinché si possano garantire i diritti costituzionali a chi arriva, evitando di rinchiuderli in centri d’accoglienza in attesa che si decida per il loro destino? Allo stesso tempo quanti denari saranno necessari affinché non si risenta in termini lavorativi e sociali? Dopo aver strumentalizzato le paure e il fenomeno migratorio per fini elettivi, quanto i soldi possono permettere la gestione e il benessere a lungo termine di cittadini e immigrati?
A questo punto, Presidente Conte, quanto vale una vita?