Negli ultimi giorni abbiamo sentito parlare molto spesso di Viktor Orban. È stato menzionato quasi alla pari del suo omologo Trump e il suo profilo tende a dividere l’opinione pubblica, l’Europa e il PPE stesso di cui ne fa ancora parte. Riconosciuto come il primo oppositore alle politiche di accoglienza dell’UE e fautore del “Patto di Visegrad”, il Primo Ministro ungherese sta riuscendo a unificare il sentimento sovranista sotto l’impronta di una nuova destra.
Viktor Orban è il leader del partito Fidesz (Unione Civica Ungherese), un partito conservatore e nazionalista. Orban è al quarto mandato e sin dalla sua prima legislatura (’98-’02) si è sforzato per ridurre l’efficienza del parlamento e la capacità di controllo verso il suo governo. Nel ’99 ha deciso che le sessioni plenarie dell’Assemblea Nazionale fossero una volta ogni tre settimane anziché una volta a settimana provando a sostituire la regola del due terzi dei voti con la maggioranza semplice.
La prima Legislatura è stata caratterizzata da un forte processo di liberalizzazione dell’economia inseguendo politiche fiscali espansive (riducendo le tasse, ecc) e dall’adesione alla NATO, ma questa legislatura è stata macchiata da diversi scandali di corruzione per i quali è stato citato dal parlamento. Orban però non si è mai presentato agli interrogatori.
Sconfitto alle elezioni del 2002, Orban è diventato Capo dell’Opposizione e del 2004 ha portato il suo partito alla vittoria delle elezioni europee. Nel 2006, una forte crisi all’interno del partito Socialista e le proteste di oltre 25.000 manifestanti di fronte al Parlamento per chiedere le dimissioni del governo dei socialisti ormai delegittimato di fronte alle alle filtrazioni di conversazioni nelle quali il primo ministro Gyurcsány ammetteva l’incapacità del suo governo di far fronte alla crisi economica.
Dobbiamo aspettare il 2010 per vedere il secondo governo Orban. Il partito Fidesz ha vinto (senza alleati) le elezioni di quell’anno, ottenendo 262 seggi su 386 disponibile. Questa solida maggioranza ha permesso una svolta nel progetto politico di Orban, passando dalle liberalizzazioni alle nazionalizzazioni, distaccandosi sempre di più dalle decisioni dell’UE e dalle politiche atlantiche in generale.
A partire dal secondo governo, Orban ha impulsato diverse riforme costituzionali su misura. Riforme che dietro ai richiami alla centralità della famiglia, dell’identità e della chiesa come elementi indiscutibili del popolo ungherese, si nasconde un accentramento dei poteri nella figura dell’esecutivo, togliendo anche la parola “Repubblica” dal nome del paese e lasciando solo “Ungheria”.
Dal 2010 al 2013 il governo Orban ha fatto diverse riforme alla costituzione, imponendo forti restrizioni alla libertà di stampa e alle libertà civili, e riducendo i poteri della corte costituzionale.
Inoltre, il governo Orban ha anche modificato la legge elettorale eliminando il secondo turno alle elezioni, riducendo il numero dei seggi e limitando la propaganda elettorale dei partiti di opposizione. Nelle recenti campagne elettorali (verso la terza e quarta legislatura), non c’è stato nessun confronto tra i candidati, nessun dibattito né la libertà di stampa necessaria perché l’opposizione potesse offrire alcun programma agli elettor: Solo minacce, intimidazioni e l’uso della forza contro quel che resta dell’opposizione. Di fatto, le elezioni in Ungheria – a partire del 2014 – non sono libere né competitive, ma sono un triste monologo dove Orban organizza e vince dei comizi.
Il resto lo sappiamo già, la politica estera di Orban è orientata al sovranismo e la sua posizione sugli immigrati è risaputa. Orban ama vincere facile, è uno che si prende (zitto zitto) i finanziamenti e i fondi europei, ma si scandalizza al momento di assumere i doveri relativi all’appartenenza all’UE. Più che l’attuale posizione sui migranti, ciò che ci deve allarmare da Orban è la sua tendenza all’autoritarismo, alla restrizione dei diritti nei confronti del proprio popolo e quella sua ambizione di restare al potere a qualsiasi costo (anche tagliando la costituzione su misura).
Alle prossime europee l’asse di Orban non sarà un’alternativa, ma una vera minaccia alle istituzioni liberaldemocratiche ricostruite durante più di 70 anni di sforzi da questa parte.
Cosa possiamo aspettarci da uno che afferma che “manifestare contro il governo equivale al tradimento della Patria”? Eppure, cosa possiamo aspettarci da chi lo segue!? Siamo sicuri che il problema di Orban sia soltanto l’immigrazione?