
Doveva essere l’occasione per chiarire una volta per tutte il cosiddetto Russiagate, ossia le presunte ingerenze russe nelle elezioni presidenziali americane del 2016, ma così non è stato. Ad Helsinki, in maniera del tutto inaspettata, Donald Trump si è dapprima schierato a difesa di Vladimir Putin, voltando le spalle alle proprie agenzie di intelligence impegnate nelle indagini, per poi affermare, una volta rientrato in patria di avere piena fiducia nei risultati scaturiti dalle investigazioni in corso.
Come ci si poteva aspettare, “Il presidente Putin ha detto che non è stata la Russia [a interferire nelle elezioni presidenziali, ndr]. Non vedo perché avrebbe dovuto farlo”, aggiungendo poi che Putin “è stato estremamente deciso e potente nel negare”. Con queste parole, Trump scagiona totalmente Mosca dall’accusa di interferenza nelle elezioni che lo videro vincitore, nonostante lo scorso 13 luglio il procuratore Mueller abbia incriminato 12 funzionari russi per l’hackeraggio dei computer del Comitato Nazionale Democratico.
L’immagine di un presidente americano che appoggia e difende un suo omologo russo da accuse del genere ha certamente shockato la popolazione. Critiche bipartisan sono piovute su Trump, da Paul Ryan, speaker della Camera e repubblicano, a John Brennan, ex direttore della CIA, che su Twitter ha definito i commenti di Trump sovversivi, al limite del tradimento e che Putin lo tiene in tasca. Altre dure critiche sono arrivate dalle testate giornalistiche, sia da quelle di stampo repubblicano a quelle democratiche. Emblematico ed esplicito l’editoriale del Washington Post, che titola “Trump ha appena agito in combutta con la Russia. Apertamente”.
Trump, cercando di correggere il tiro, una volta sull’Air Force One ha twittato dicendo che ha grande fiducia nella sua intelligence, ma che per costruire un futuro migliore, non ci si può focalizzare esclusivamente sul passato. Essendo Russia e USA due tra le più grandi potenze nucleari del mondo, ha aggiunto, bisogna che vadano d’accordo. Una volta rientrato a Washington, ha affermato di essersi sbagliato e di aver omesso un non, volendo quindi dire “non vedo perché non avrebbe dovuto farlo”. Ha aggiunto inoltre di avere piena fiducia nei risultati scaturiti dalle investigazioni in corso, sconfessando di fatto ciò che aveva precedentemente dichiarato ad Helsinki.
Gli altri temi trattati nel confronto hanno spaziato dal nucleare, alla questione ucraina ed infine la Siria.
In questo incontro si può vedere un parallelismo con lo storico meeting avvenuto solo qualche mese fa tra Trump e Kim Jong-un, di cui avevo parlato in precedenza. In entrambe le occasioni, il comportamento di Trump ha lasciato diverse domande, poiché The Donald si è sempre mostrato debole ed alla mercé dei suoi interlocutori, delegittimando il duro lavoro di diplomazia ed intelligence portato avanti dal Paese di cui è presidente. La domanda sorge spontanea, ovvero se Trump faccia così poiché realmente speranzoso in rapidi cambiamenti nelle relazioni con questi paesi, di cui per anni gli USA sono stati nemici, fidandosi (forse in maniera ingenua) delle promesse ricevute, o se vi sia dell’altro dietro: James Fallows, analista di politica internazionale e conoscitore della Casa Bianca ha scritto sull’ Atlantic che “Donald Trump è senza mezzi termini un agente di interessi russi, forse consapevole, forse inconsapevole, per paura di un ricatto, nella speranza di affari futuri, per rispetto nei confronti di Vladimir Putin, per riconoscenza per l’aiuto russo durante le elezioni […] “. Sebbene la riuscita positiva dei due meeting possa essere auspicabile da tutti, ciò non bilancia al momento il peso delle dichiarazioni e delle aperture di Trump, il quale non può concedere così tanto e screditare apertamente le agenzie di cui è a capo, “tradendo ogni americano” come detto da Chris Cuomo, giornalista della CNN.
Un altro motivo dietro queste dichiarazioni potrebbe trovarsi nel fatto che gli Stati Uniti stiano cercando un nuovo grande alleato (quantomeno economico) data la guerra dei dazi in corso con Unione Europea e Cina? Recentemente, Trump aveva definito l’UE come “nemico” degli Stati Uniti, dicendo che per quel che riguarda i dazi, l’ “UE è quasi cattiva come la Cina, soltanto più piccola”.
Dal canto suo, Putin può sentirsi soddisfatto. Nell’ultimo mese, la sua immagine (e quella della Russia) è uscita rafforzata: questo meeting e lo svolgimento dei recenti Mondiali di calcio mostrano quanto la Russia sia potente e centrale (come se ce ne fosse bisogno) nella scena internazionale, nonostante i continuati tentativi di isolare il paese, principalmente con sanzioni economiche. Inoltre Putin, con una serie di inattesi assist da Trump (su tutte le molte critiche lanciate durante il suo tour europeo della scorsa settimana), è riuscito ad incrinare i rapporti tra USA e l’Occidente.
Gli spunti di riflessione sono certamente tanti e lo scenario rimane indecifrabile, ciò che invece è sempre più certo è l’imprevedibilità di Trump che, tra dichiarazioni e ritrattazioni, da sempre caratterizza la sua politica, estrema e fuori dagli schemi.