Commentare le prese di posizione di un giornale che si definisce economico ma non ha tema di pubblicare un articolo in cui si paragona la situazione complessiva di Grecia e Giappone parrebbe, in definitiva, una perdita di tempo. Ma le schiere di coloro che pervicacemente continuano a leggerne le elucubrazioni, ancorché assottigliate rispetto al passato, non sono comunque del tutto trascurabili, dunque rettificare non è del tutto inutile. È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.
Ancora allibito dai feroci commenti ad alto tasso antidemocratico ascoltate ieri sera nei talk-show a reti unificate, mi imbatto stamattina in spropositi a mezzo stampa di questo livello: “Mattarella non si limiterà a fare il notaio: l’interlocuzione sarà serrata: l’art. 92 della Costituzione dà un ruolo al Colle sui ministri; l’art. 117 vincola il legislatore agli obblighi europei e internazionali e poi c’è l’art. 81 sul pareggio di bilancio”.
Tralasciando l’italiano claudicante (problema non del tutto secondario, presumo, per una giornalista professionista), è quasi ammirevole come vi sia chi riesca a scrivere tre falsità in una solo proposizione.
- L’art. 92, Cost., non dà alcun ruolo al Colle nella scelta dei ministri. Scrive Livio Paladin, Diritto costituzionale, Padova, 1995, 381: “la predisposizione della lista dei ministri da parte del Presidente del Consiglio incaricato costituisce una proposta vincolante per il Capo dello Stato, il quale non potrebbe rifiutare alcuna nomina, se non nel caso estremo di un soggetto palesemente privo dei requisiti giuridicamente richiesti per ricoprire l’ufficio”. (Per chi non lo sapesse, Livio Paladin è stato professore di diritto costituzionale, preside di facoltà, ministro e giudice costituzionale).
- L’art. 117, c. 1, Cost., non vincola il legislatore ad alcunché. Nella sua pur scadente formulazione, propria di tutta la riforma Amato del 2001 (“la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali“), il testo si limita a prendere atto della attuale situazione giuridica; è norma ricognitiva, non precettiva. Tanto è vero – come ben evidenziato da Luciano Barra Caracciolo – che la sciagurata riforma costituzionale Renzi-Boschi proponeva di modificare sia l’art. 55, Cost. (prevedendo fra l’altro che il Senato concorresse “all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea” e partecipasse “alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea”), sia l’art. 70, Cost..
- L’art. 81, Cost., nel caso di specie, non c’entra proprio nulla. La giornalista, affatto digiuna di diritto, sembra voler dire che Mattarella possa dovrebbe poter veti su questo o quel ministro economico perché incapace di dare garanzie in merito al rispetto delle norme sul “pareggio di bilancio” (leggi: sul rispetto del Fiscal compact). Ragionamento senza senso, che diventa ancora più risibile ove si consideri che: (a) la formulazione del “pareggio di bilancio” al comma 1 dell’art. 81 è, tutto sommato, abbastanza ambigua; (b) in caso di conflitto concreto fra norme costituzionali, è disposizione per se soggetta a bilanciamento, soprattutto nel caso in cui entri in rotta di collisioni con diritti fondamentali della persona (si veda per esempio la sentenza n. 275 della Corte Costituzionale: “non può… essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione“). Il che non toglie che l’attuale formulazione dell’art. 81, Cost., vada quanto prima rivista.
Sed de hoc satis. Lasciamo perdere i vincoli europei. E iniziamo, finalmente, a pensare di nuovo all’Italia.