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Di Maio: oltre il vestito niente

| 28 Aprile 2018 | ATTUALITÀ

Faccia pulita da bravo ragazzo, parlantina sciolta, sorriso sempre stampato sul volto ed abito impeccabile da perenne prima comunione: questo è Luigi Di Maio il candidato premier dei 5 Stelle, molto interessato ad ottenere quella poltrona che gli permetterebbe di guidare il Paese. Ma siamo sicuri di voler affidare il nostro Stato nelle mani di un “videomaker”, Steward presso lo Stadio San Paolo, che si distingue per la sue gaffe, i continui cambi di opinione su temi importanti per il Paese e che litiga continuamente con la lingua Italiana?

Un curriculum politico di tutto rispetto il suo: candidato come consigliere comunale nella sua Pomigliano d’Arco nel 2010 ha ottenuto 59 voti, in sostanza la sua famiglia e quattro gatti al seguito… Nel 2013 risulta eletto alla parlamentarie con 189 voti e cosi viene catapultato nel mondo politico, entra in Parlamento addirittura con la carica di Vice Presidente della Camera. In questo modo si può diventare Presidente del Consiglio, con meno di 200 voti ottenuti su un sito.

Il suo curriculum scolastico è altrettanto “ballerino” come i continui cambi delle sue idee su Europa ed Euro: passa dalla facoltà di Ingegneria a quella di Giurisprudenza senza combinare un granché in entrambe le facoltà. Termina la sua carriera accademica con un nulla di fatto. Le sue esperienze lavorative vanno dal webmaster, allo steward presso lo stadio San Paolo, all’assistente alla regia al tecnico riparatore. Nessun accenno alla sua esperienza nella società di famiglia l’Ardima srl fondata nel 2012 insieme alla sorella.

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Proprio la società della famiglia Di Maio ha avuto una impennata nei profitti da quando Luigi è entrato in politica. Una società costituita con 20 mila euro di capitale di cui solo 5 effettivamente versati che, il 30 giugno 2014, aumenta il capitale sociale a euro 100.200,00 e Di Maio risulta proprietario al 50% ma non ne fa menzione nel suo lungo curriculum e nemmeno nella dichiarazione dei redditi del 2013 ne riporta l’esistenza difatti, in quella data, Di Maio risulta nullatenente. Insomma, meglio inserire nel curriculum l’essere stato “rappresentante degli studenti al liceo” piuttosto che dire sono proprietario al 50% di una società Quando parla di aiuti alle piccola imprese forse si riferisce anche alla sua impresa familiare? Piccolo conflitto di interesse?

Le sue gaffe sono diventate ormai virali: dal trattato di Dublino diventato “il regolamento di Berlino”, Canosa di Puglia diventa “Canosa di Bari”, per non parlare di Pinochet, che si è ritrovato grazie a Di Maio, dittatore del Venezuela e non del Cile. Con la lingua inglese le cose non vanno meglio: alla Harward University di Boston ha detto “First of us” invece che “first of all”. E poi quella foto, quel selfie inconsapevole con un parente di un boss dei casalesi, ma il territorio è quello e Giggino oltre Pomigliano non conosce nessuno. Fa a pugni con la lingua italiana, i congiuntivi non fanno per lui: “che spiano…no…che spiassero….no…che avessero spiato” o “che eravamo” piuttosto “che fossero”.

Questo è Luigi Di Maio e, vedendo i precedenti di questo nostro Paese, si attesta tra un Presidente del Consiglio animatore di feste alternative e ministri posti a capo di dicasteri senza averne l’adeguata preparazione. Nulla di nuovo quindi sotto il cielo italico, Di Maio può tranquillamente accedere alla playlist dei premier più titolati del nostro Stato non per meriti, ma per gaffe ed inadeguatezza.

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