
Il 20 marzo 1986 Michele Sindona muore nel carcere di Voghera bevendo un caffè avvelenato. Andreotti può stare tranquillo, visto che è lui il politico con il quale Sindona ha mantenuto più rapporti. Sindona è stato il grande elemosiniere della DC, avendo sovvenzionato con 2 miliardi di lire la campagna referendaria contro il divorzio e versava costantemente 15 milioni di lire al partito tramite bustarelle.
Il banchiere Sindona ha avuto un’ascesa repetina nel mondo della finanza anche grazie a quel rapporto creato con cosa nostra; infatti la sua banca gestiva parte dei soldi della mafia siciliana. Con altrettanta repentinita’, Sindona si trova nei guai e viene raggiunto nel 1974 da un mandato di cattura per bancarotta fraudolenta; così cerca rifugio negli Stati Uniti dove chiede aiuto all’amico Giulio Andreotti.
Nel 1976 quando Andreotti diventa Presidente del Consiglio, Sindona è latitante e, nonostante ciò, Andreotti si reca negli USA, precisamente al Woldorf Astoria a New York, per un pranzo di gala organizzato dal banchiere al quale era presente anche il gotha della mafia italoamericana. In quel caso Andreotti non ha ascolta nemmeno l’ambasciatore dell’Italia negli USA, esortandolo a non frequentare un delinquente come Sindona.
La richiesta di aiuto non va a buon fine e Sindona organizza un finto sequestro, viene ospitato in Sicilia e minaccia di rendere pubblica la lista di coloro che, utilizzando le sua banche, portano soldi all’estero. Nello stesso periodo Andreotti intensifica i suoi rapporti con il venerabile della Loggia massonica propaganda due: Licio Gelli, il quale fino alla fine dei suoi giorni ha sempre rivolto un ricordo positivo nei confronti di Andreotti: “Per me Andreotti è una brava persona, una stella della politica”. C’è poi quell’ombra sui presunti rapporti con cosa nostra, rapporti amichevoli andati avanti per anni anche direttamente e non solo attraverso il referente della DC in Sicilia: Salvo Lima. Per i cugini Ignazio e Nino Salvo era conosciuto come Salvuccio e si rivolgevano a lui per risolvere i grattacapi direttamente a Roma.
Il senatore a vita, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato assolto con un distinguo: per gli eventi dopo il 1980 perché il fatto non sussiste (anche se Andreotti ben sapeva che generi di rapporti avessero alcuni esponenti della DC isolana), per i reati attribuibili prima del 1980 per prescrizione anche se sarebbe stata riconosciuta la colpevolezza per associazione semplice. Due incontri di Andreotti con un boss mafioso sono accertati a Palermo prima e dopo l’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Sicilia anche lui iscritto alla DC. Nel secondo incontro, Andreotti chiese spiegazioni a Stefano Bontate, il Principe di Villagrazia, sull’omicidio Mattarella e Bontate rispose: “In Sicilia comandiamo noi e se non volete cancellare completamente la DC, dovete fare come diciamo noi. Altrimenti vi leviamo non solo i voti della Sicilia, ma anche quelli di Reggio Calabria e di tutta l’Italia Meridionale. Potete contare solo sui voti del Nord, dove votano tutti comunisti, accettate questo!”
Si sa, la politica è fatta di compromessi e, a volte, di rapporti torbidi. Andreotti è stato l’imperatore del compromesso politico, ma si può giudicare positiva l’attività pubblica di Andreotti alla luce dei suoi rapporti non puliti?