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L’antimafia di facciata: complice il silenzio delle istituzioni

| 16 Marzo 2018 | ATTUALITÀ

Fiumi di parole spese da più parti, manifestazioni organizzate in ricordo delle vittime di mafia nelle quali si ascoltano di anno in anno gli stessi discorsi, parole di circostanza pronunciate solamente per strappare qualche applauso e dopo, quando cala il sipario, nulla cambia. Arrivederci al prossimo anno, alla prossima manifestazione!

Si avvicina il 21 marzo, giornata della memoria delle vittime di mafia, per un giorno nelle scuole come nelle piazze si parlerà di mafia, sfileranno le bandiere colorate di Libera, i politici cavalcheranno l’onda dell’indignazione e grideranno il loro disappunto per la mancanza di verità. Forse saranno gli stessi che, spenti i riflettori, le interviste e le dirette TV, si accordano con la mafia e ci vanno anche a nozze… Finita la festa, “gabbatu lu santu” si dice, e così per i restanti 364 giorni, tutto scorrera’ nel silenzio assoluto.

Nessuno in campagna elettorale ha pronunciato la parola mafia perché è un argomento che non attira consensi elettorali e si rischia di perdere delle grosse fette di voti gestite dalla mafia. La scomparsa della lotta alla mafia dai programmi elettorali rappresenta un sovvertimento nella scala dei valori di questa società: ci si indigna per le auto blu non per il voto di scambio, per i politici collusi, non per gli arresti di funzionari pubblici complici di gestire gli appalti in accordo con la mafia lungo tutto lo stivale. Si guarda agli immigrati come ai nuovi delinquenti, mentre i mafiosi diventano degli idoli anche a causa di serie TV capaci di fare breccia, in negativo, nelle menti labili di gruppi di giovani che, agendo per imitazione, terrorizzano e spadroneggiano nei quartieri di alcune città usando violenza contro il primo malcapitato, per provare l’ebrezza di sentirsi boss per una sera agendo seguendo le prodezze dei boss della serie televisiva Gomorra. Così, mentre Roberto Saviano si è messo da parte il suo gruzzoletto e vive tranquillo all’estero sotto scorta, in Italia la gente viene presa di mira da baby gang a causa di un imprinting criminale inculcato dalla TV.

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La politica, in tutto ciò, si è adeguata nell’evadere la questione mafiosa che fa troppo comodo a tutti i partiti evitare il discorso. Voto di scambio, corruzione e clientelismo rappresentano il punto in cui domanda e offerta tra Stato e mafia si incontrano e diventano oggetto di trattative. Ci si rivolge al miglior offerente, a chi è in grado di garantire più voti, a chi è in possesso di più capitali da investire negli appalti pubblici. Lo Stato si piega alla mafia è non ritiene necessario ed indispensabile una lotta alla corruzione in grado di spezzare il filo che lega politica e mafia.

Provvedimenti come lo scioglimento degli enti pubblici per infiltrazione mafiosa e come il sequestro e la successiva confisca dei beni della mafia, sono azioni di facciata che lo Stato vuole, in teoria, trasmettere all’opinione pubblica come un impegno costante ma che in realtà non è nella volontà politica ed istituzionale. La politica convive pacificamente con la mafia e le relazioni della commissione antimafia sono solo frasi e numeri che poi non si trasformano in concretezza operativa. Il lavoro incessante delle forze dell’ordine viene vanificato dal lassismo dello Stato, dalla sua complicità nel deviare la verità e nelle lentezze della giustizia italiana.

La giornata della legalità celebra chi ha sacrificato la propria vita per la libertà di una società più pulita, libera dal compromesso, celebra il coraggio di chi ha detto no alla mafia e ha continuato nonostante intorno continuassero a morire colleghi ed amici. – “Siamo cadaveri che camminiamo” disse Ninni’ Cassara’ a Paolo Borsellino davanti al cadavere di Beppe Montana. Chi gliel’ha fatto fare? Rispose Giovanni Falcone ” Soltanto lo spirito di servizio” – ovvero quello spirito di chi crede in uno Stato giusto che giusto non è.

Il 21 marzo si smuoveranno le coscienze, gente onesta che chiede la verità, giovani abbigliati con le magliette di Libera per un giorno sfileranno a Foggia e non solo. Verità negata e non voluta dallo Stato poiché sa che parte di esso non è solo complice ma anche artefice delle stragi e di quella trattativa gestita sottobanco con la quale si è siglata la pax a suon di morti innocenti. Lo sa bene Don Ciotti che lo Stato come la Chiesa sono i partner della criminalità organizzata, nonostante ciò sigla accordi con essi. La finta antimafia di Stato è l’anticamera della mafia: è lì che soggiorna la vera forza della mafia, nel vuoto della politica.

L’utopia di una presa di posizione seria lascia spazio alla consapevolezza che nulla cambierà a causa di istituzioni deboli, complici e lassive. A chi appartiene quindi la vera antimafia oggi? Appartiene agli uomini e alle donne delle forze dell’Ordine, a pochi coraggiosi magistrati degni eredi di Falcone, Borsellino e Chinnici, alle persone che non si piegano al pizzo, alle intimidazioni, al compromesso, a coloro quindi che vanno contro corrente, che non abbassano lo sguardo e che non si tappano le orecchie.

Questa è la vera antimafia, non quella di facciata che ci apprestiamo ad assistere sfilare il 21 marzo.

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