Ci sono uomini che per il loro immenso spessore morale, nonostante la loro morte per mano della criminalità organizzata, diventano immortali per l’esempio e l’eredità morale che hanno lasciato. E’ il caso di due uomini, il destino ha voluto che nascessero lo stesso giorno in anni differenti e che facessero lo stesso percorso di vita professionale, compresa la tragica morte di Rocco Chinnici e Paolo Borsellino.
Rocco Chinnici, nato il 19 gennaio 1925, capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo, e’ stato l’uomo che, prima di tutti, aveva capito la mafia. Già alla fine degli anni ’70 quando il fenomeno mafioso era ancora poco conosciuto, aveva intuito che Cosa Nostra avesse connessioni con l’alta finanza, l’imprenditoria e, soprattutto, la politica che manteneva collegamenti con la mafia americana. Aveva compreso la necessità di lavorare in gruppo per contrastare Cosa Nostra e infatti costituì il pool. Spesso diceva che un intervento radicale da parte dello Stato sarebbe stato un’azione di forza per cercare di sradicare il fenomeno mafioso. Fu il primo a comprendere l’importanza di parlare ai giovani e per questo spesso si recava nelle scuole per parlare di criminalità.
Paolo Borsellino, nato il 19 gennaio 1940, è figlio di quel pool voluto da Chinnici. Come era solito dire che non aveva chiesto di occuparsi di mafia, ma ad un certo punto vi entrò inevitabilmente perché la gente gli moriva intorno e, sempre inevitabilmente, rimase ad occuparsi di criminalità organizzata. Fu proprio Rocco Chinnici ad affidargli la sua prima indagine di mafia: quella riguardante l’omicidio del Capitano Emanuele Basile avvenuto il 4 maggio 1980. La sua vocazione e la sua integrità morale, lo hanno ancorato ancor di più al suo dovere. Non è “scappato” dopo la morte di Giovanni Falcone, è rimasto a lottare andando incontro alla morte, consapevole del rischio che stava correndo. Esortava tutti a parlare di mafia, confidava in una società migliore dove si potesse respirare il fresco profumo della libertà.
Le loro idee, il loro valore morale, sono le fondamenta sulle quali costruire una società onesta ma…qualcosa è cambiato. Purtroppo in peggio. Dopo anni la mafia è ancor di più interconnessa con il potere politico-finanziario, e quell’intervento radicale auspicato da Chinnici non è mai avvenuto, dando non solo la percezione, se non la quasi certezza, che lo Stato non voglia pestare i piedi alla criminalità organizzata essendo un bacino di voti sicuro e di affari fruttuosi. Si parla di mafia? Se ne parla ma poco soprattutto nelle scuole. Difficile trattare questo argomento lasciato nelle mani di pochi insegnanti e gruppi di volontari. L’educazione alla legalità è carente.
Il fresco profumo della libertà, il sogno di Borsellino che si contrappone al puzzo del compromesso, come potrebbe mai realizzarsi se gli onesti cittadini non contrastano la politica che sguazza nel mare zozzo della corruzione? Quel fresco profumo della libertà anche se appare una chimera, bisogna sempre ricercarlo, inseguirlo e pretenderlo. Chinnici e Borsellino non erano due sognatori ma due uomini che credevano nel lavoro che facevano, ma sopratutto credevano in una società migliore.
Il 19 gennaio è sempre il loro compleanno perché i grandi uomini non muoiono mai!