In una recente intervista a Giannini, Andrea Camilleri, prendendo spunto dalla mancata
approvazione dello ius soli, ha testualmente detto: ” Noi italiani siamo razzisti, perché non lo vogliamo dire? Negli anni 60 ho visto a Torino cartelli nei quali c’era scritto: non si affitta a meridionali. Ora accade con gli extracomunitari; altro che italiani brava gente…”
Con tutto il rispetto e l’ammirazione per lo scrittore e l’intellettuale, siamo di fronte ad una becera semplificazione, un imperdonabile scivolone, un ingeneroso giudizio sommario.
Come dire che l’italiano medio ha le sembianze del sofferente borgataro romano propostoci
da Del Debbio, o che Salvini ci rappresenta tutti.
Non è così e Camilleri dovrebbe saperlo, se è vero che siamo campioni dell’accoglienza ed
eroghiamo agli immigrati un trattamento a volte migliore di quello riservato agli autoctoni,
che le nostre frontiere sono aperte, mentre tutti gli altri paesi europei le hanno sigillate, che siamo adusi a gesti di grande generosità.
Procedere per generalizzazioni, sia pure a fronte di atteggiamenti xenofobi che non fanno onore a chi li pone in essere o li strumentalizza per finalità politiche, serve solo a sfigurare l’immagine del nostro Paese, ad esasperare le tensioni ed il malessere esistenti, a legittimare il razzismo di alcuni, attraverso la declaratoria di un comune sentire, che tale non è.