C’era una volta la politica, un confronto di idee, di programmi, di emozioni, di visioni del mondo. E si esprimeva attraverso i ragionevoli pensieri di soggetti carismatici e competenti, riconosciuti da tutti come i migliori, paludati di una naturale e ieratica dignità. Affidare a tale personale politico il compito di rappresentare il Paese, nelle sue sfaccettature ideologiche e negli interessi collidenti dei corpi sociali, appariva come un gesto spontaneo,
il riconoscimento di un ruolo naturale.
Poi, nel corso dei decenni, con implacabile cadenza, ci è toccato di dover assistere ad un impoverimento culturale, etico ed umano, alla sparizione dei valori fondanti della nostra convivenza civile ed al crepuscolo della meritocrazia, unico requisito in grado di dare
sostanza al rapporto tra rappresentati e rappresentanti.
La politica, miseramente affogata nello stagno melmoso della mediocrità, ha iniziato così a proporci avventurieri senza scrupoli, istrioni privi di antenati ideologici, donzelle votate a ben altri destini, senza un alito di verità, un sussulto di dignità, uno sguardo pensoso sul futuro.
Costretti ad interrogarci sul nostro destino, tra gli schiamazzi di tifoserie inferocite e divise sul nulla cosmico, dobbiamo mestamente riconoscere di non trovare più risposte.