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Sui luoghi del sisma. Norcia e Amatrice un anno dopo

| 25 Agosto 2017 | ATTUALITÀ

Agosto 2017. Norcia. Percorrendo la statale delle Tre Valli, la statale che attraversa la Valnerina, si arriva a Norcia, la città di San Benedetto, cuore dell’Europa. Fino all’anno scorso erano a centinaia le macchine che necessariamente e per comodità parcheggiavano a ridosso delle mura, ora bisogna lasciare l’auto a debita distanza.
Si capisce subito che la città è in emergenza: polizia, carabinieri, protezione civile stazionano presso le porte d’accesso, nascoste dalle impalcature. Il pensiero è di portarsi in fretta verso la piazza, quella della basilica, quella del duomo, della Castellina, quella con il monumento a San Benedetto, quella dove si stava inginocchiati la mattina del 30 ottobre 2016 e le cui immagini hanno fatto il giro del mondo.

Si va di fretta lungo Corso Sertorio, che meno di un anno fa brulicava di bar e tavolini all’aperto, coi negozi dai prodotti tipici, dalla rinomata norcineria alle lenticchie al tartufo nero ai formaggi alla cioccolata. Il 70% delle attività è cessato, ovunque negozi abbandonati, serrati, in alcuni locali le vetrine mostrano ancora scatole, bottiglie, vasellame che il terremoto ha scaraventato a terra, come se tutto fosse successo pochi giorni fa e invece sono passati dieci mesi da quella brutta giornata di fine ottobre, quella brutta giornata che qui a Norcia come a Castelluccio, a Visso, a Castelsantangelo, a Ussita, a Pieve Torina ha cambiato tutto. Qualche bar ha riaperto, qualche ristorante è stato spostato altrove e ha ripreso l’attività, molti edifici sono per fortuna in piedi seppur disabitati, su qualche balcone si affaccia la voglia di vivere attraverso i vasi dei fiori e viene spontaneo tirare un sospiro di sollievo.

Sulla piazza, cuore della città, l’apocalisse. La basilica non c’è più, interamente crollata insieme al celebre “Portico delle misure”; rimane parte della facciata, coperta dalle impalcature. Le macerie stanno ancora tutte lì. E così la cattedrale, anch’essa nascosta dalle impalcature.
Più avanti, operai lavorano a rimuovere le macerie della chiesa di San Filippo di cui non rimane nulla. Questa perla d’Italia che si chiama Norcia, ricca di storia, di arte, di tradizioni, di manifestazioni folkloristiche, fieristiche, musicali, culturali che scandivano il calendario è deturpata. Ferita. Uscendo dalle mura, si ha l’impressione che qui ci sia stata la guerra.

Agosto 2017. Amatrice. Tanta è la gente che percorre la strada che porta al centro storico. Il centro storico di Amatrice non esiste più ed è zona off-limits, presidiata dai militari. C’è chi tenta di rubare qualche scatto, magari col cellulare che non dà nell’occhio, sì perché è vietato non solo fare i selfie, dato che qualche imbecille ci aveva provato, ma è vietato anche scattare foto di quello che rimane del centro storico, ossia le due torri, miracolosamente in piedi: non c’è nient’altro.

Tutto intorno case rase al suolo, sventrate, dilaniate, e magari pochi metri avanti qualche abitazione si erge in piedi, intatta, senza una lesione, qualcun’altra invece pare sia stata divelta dalle fondamenta e poi rigettata a terra, altre giacciono ripiegate sul fianco. Ovunque transenne, protezione civile, vigili del fuoco, carabinieri, polizia. Anche qui un altro scenario di guerra.

Il terremoto ha portato via tutto: vite, case, chiese, scuole, ristoranti, alberghi. A distanza di un anno Amatrice appare come una città bombardata.
“Bisogna fare il più in fretta possibile” ha detto il premier Gentiloni, in visita il 24 agosto per le cerimonie di commemorazione. Il vescovo di Rieti, durante l’omelia accenna alla ricostruzione, aggiungendo: “Se ci sarà”.
Nel parco comunale Minozzi alcuni bambini giocano: è la vita che cerca di prendersi la sua rivincita. Impossibile non sentire un groppo alla gola.

TAG: #Norcia #Amatrice
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