
“Fascista” risuona come un tormentone estivo, incombente come l’afa a mezzogiorno. Racchiude in poche sillabe tutto il disprezzo che il destinatario suscita, soprattutto se il suo pensiero si discosta dal sentire comune. È la versione scorretta di populista, carico di sessantottina nostalgia delle sassaiole in piazza e appesantito da necessaria identificazione iconografica.
Chi lo usa come il sale sull’insalata, difficilmente ha letto gli “Scritti Corsari” di Pasolini che a lungo si soffermano sul pericolo del fascismo degli antifascisti. Se li ha letti, ha dimenticato tutta la parte dedicata all’appiattimento ideologico nascosto dietro ad una anacronistica lotta contro un nemico che non c’è più.
“Fascista” riempie la bocca, suona l’allerta, giustifica alleanze politiche contro natura, permette battaglie contro l’odio, nasconde vere derive autoritarie e serpeggia come “peccato originale”. Non crederete davvero che gli uomini in camicia nera stiano proliferando come i funghi dopo la pioggia! Ci sono sempre stati, più o meno esagitati, nostalgici di un tempo che fu. Ora fa comodo metterli sotto il riflettore, governa una sottospecie di sinistra e i “communisti” non mangiano i bambini, ci pensa l’uomo (in) nero a spaventarli.
Alzare un dito (mai della mano destra, mi raccomando!) per esprimere il proprio disappunto è gesto eversivo; scendere in piazza per contestare un provvedimento ritenuto ingiusto diventa pericoloso se, spalla a spalla, c’è un ragazzo “evidentemente di estrema destra” (il look fa ancora la differenza).
Parlare di immigrazione è concesso solo a coloro che non pongono veti, anche se giustamente argomentati. Un “ma la situazione è fuori controllo” regala l’immediato marchio di “fascista!” Che dire poi agli euroscettici, distruttori del sogno spinelliano (maddechè), elettori ignoranti ai quali i democratici #antifa vorrebbero togliere questo pericoloso diritto.
È un fiorire di simpatiche iniziative: dalla consueta spaghettata antifascista del 25 Luglio, al giro in pedalò dei no border. Se ci scappa la sagomina di un ometto a testa in giù, bisogna aver pazienza. So’ ragazzi che manifestano violentemente contro la violenza di regime. Volete mettere quanto è più offensivo ammirare la bellezza della “fascistissima” stazione centrale di Milano!
Una follia, un corto circuito necessario quando manca la sostanza che dovrebbe alimentare una sana divergenza di opinioni. La destra e la sinistra si sono liquefatte in un analgama con qualche raro zampillo di identità, schiacciate dal mercato e dai suoi detentori. Fascismo e antifascismo sono l’unica bandiera sventolata ( male ) per continuare a sentirsi diversi. I partiti politici non rappresentano più nessuna ideologia, sono vasi comunicanti di voti, aggrappati a slogan intercambiabili. Il Parlamento è come il Canale di Sicilia, intasato di migranti politici. E poi è estate, “Despacito” si perderà nei meandri della memoria mentre un “fascista” è per sempre.