Apri il Corsera di ieri e ti propinano paginate di cronaca giudiziaria, rimestando due vicende impropriamente parallele: quella dello scandalo Consip e l’altra relativa ai maneggi del sindaco Raggi.
Nessuno spazio privilegiato per gli imminenti ballottaggi e la solita insistenza sul principio di
una stretta dipendenza della politica dalla giustizia. Dopo più di 20 anni continua a campeggiare il clima di mani pulite, perché, evidentemente, qualcuno vuole che la nostra democrazia rimanga sempre sotto tutela e sia sbarrata la strada a chiunque pretenda
di modificare gli equilibri di potere esistenti.
Così diventa essenziale capire come farà il M5S a superare indenne l’imminente processo al sindaco di Roma, che potrebbe intaccare la favola giustizialista, o se riuscirà Renzi a sottrarsi alla morsa che stringe familiari e membri del giglio magico, accusati di ogni nefandezza.
Le più recenti campagne elettorali erano state combattute sul terreno dei conflitti d’interessi e delle divagazioni sessuali di Berlusconi, quella dei prossimi mesi sarà pesantemente condizionata dallo sviluppo di indagini preliminari e fasi processuali, da abusi in atti d’ufficio, falsi e traffici d’influenze.
Se ne esce solo con una riforma istituzionale capace di operare una cesura netta tra politica e giustizia e di restituire forza decisionale al confronto sui problemi veri del Paese, quelli relativi allo sviluppo, all’occupazione, alla sicurezza, all’adeguatezza della classe dirigente.
Una democrazia che non decide tende a degenerare nel populismo ed a lasciare il potere reale nelle mani di chi non ha ricevuto alcun mandato da parte del corpo elettorale. Circuiti infernali di grandi fratelli che si occupano della nostra vita e la condizionano a loro piacimento.