
Milano, la capitale “aperta” d’Italia ospitava Tuttofood, la fiera internazionale del food & beverage. Evento importante balzato all’onore delle cronache per la presenza dei coniugi Obama, testimonial del buongusto americano (sigh!)
Quale platea migliore per raccontare la grandezza alimentare made in Italy?
Purtroppo arrivano quei puzzoni di “Striscia la Notizia” a rovinare il quadretto perfetto. Girando tra gli stand, scoprono magicamente barattoli di pelati cinesi rigorosamente inscatolati con simboli italici, in bella mostra la salama di Milano, visitatori attratti da un simil parmigiano reggiano di origine sconosciuta. E via, così.
La battaglia contro i tarocchi alimentari che danneggiano i nostri produttori è operazione vana quando il mercato dello stand predomina sull’interesse nazionale. Si fanno le pulci all’ospite “stelle e strisce” e si chiudono gli occhi di fronte al falso neanche d’autore.
È il mercato, bellezza. La Fiera ha un costo, lo stand deve essere venduto. Se poi il visitatore straniero torna in patria pensando che la mozzarella grattugiata marcata China sia una nostra prelibatezza, non conta. Magari ha scoperto che costa meno della bufala campana, può spacciarla per italiana e mettere una bandierina tricolore sul piatto fasullo.
Avanti così, senza speranza. Inutili le denunce postume, la Fiera è finita, il danno è fatto, l’occasione è perduta.
Rimarrà il ricordo delle farine di grilli, degli incontri a suon di dollari dell’ex presidente, della Michelle cuoca e della salama. Tutte Barakkate, insomma.