
Il modello elettorale che il PD si appresta a presentare in Commissione Affari costituzionali e chiamato Rosatellum. Una legge elettorale che propone il 50% di collegi uninominali e il 50% di recupero proporzionale che unisce una coalizione di centrosinistra molto morbida. Infatti la strategia è quella di tirare dentro Alfano e tutti quelli che sono scappati dal PD. Per il Pd è una logica che parte attraverso l’esperienza di governo, per i bersaniani, invece, preferiscono rigettare le istanze del PD.
Ma alla luce di questo travagliato testo della legge elettorale, che dura da ben 20 anni, sembrerebbe che il centrosinistra, apparentemente disunito, vorrebbe mantenere il suo leader Renzi e il suo programma; una manovra che non prospetta una leadership unificante e tanto meno un cambiamento. Onestamente non è possibile ripartire da piccole alchimie di partito che hanno guidato solo sconfitte negli ultimi anni. Ma il Rosatellum, appunto prende il nome da Ettore Rosato capogruppo PD, non dovrebbe temere i numeri visto che alla Camera potrebbe trovare un vasto appoggio, semmai il problema potrebbe presentarsi al Senato.
C’è da dire che il PD, sulla questione della legge elettorale, ha ben pianificato uno stratagemma per sbarazzarsi definitivamente del Movimento Cinque Stelle. Il forte odore di fare comunella all’interno del Parlamento è intenso, pur di eliminare i grillini. Una manovra che francamente si allontana dagli interessi dell’Italia e degli italiani, si perché alcune bozze correttive sulla governabilità, seppur blande, erano state avanzate, ma evidentemente al PD questi dettagli interessano relativamente. Lo dimostra anche il fatto stesso che in Commissione il PD aveva forzato la mano per bocciare il testo base sul Legalicum.
Dunque, questa legge elettorale non trova una giusta collocazione che possa restituire all’Italia quella dignità, in parte elettorale, che ormai non si ricordano più le sue fattezze. Renzi continua a “sostenersi” sulla spinta della maggioranze, la stessa che lo portò alla bocciatura dell’Italicum in Consulta, la riforma costituzionale varata senza il consenso dell’opposizione parlamentare per essere poi respinta dal popolo. Una condizione che evidenzia, all’ex primo ministro, che il lobbismo politico non paga. Anzi permette al Paese di deteriorarsi a tal punto che quasi due milioni di italiani versano nella totale povertà.