Luogo: Fondazione ATM – Via Farini 9 – 20154 Milano
Curatore: Prof. Carlo Franza, Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea Giornalista e Critico d’Arte de “Il Giornale” fondato da Indro Montanelli
Comunicazione: Francesco Franza – Giornalista
Dal 4 dicembre 2025 al 30 marzo 2026
Inaugurazione: Giovedì 4 dicembre 2025 ore 16.00
Interverranno
Francesco Viola – Presidente della Fondazione ATM
Francesco Caroprese – Vicepresidente Ordine Nazionale Giornalisti
Prof. Carlo Franza – Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, Giornalista e Critico de “Il Giornale”
La mostra dal titolo “Poesia del passaggio” dell’artista Patrizia Quadrelli che rientra in un progetto artistico internazionale, “NUOVO ATLANTE DELLE ARTI”, ideato e diretto dal Prof. Carlo Franza (Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea e Critico de Il Giornale fondato da Indro Montanelli) per la FONDAZIONE ATM di MILANO, istituzione attestata internazionalmente, che focalizza l’attenzione su talune figure in progress della nuova stagione artistica europea. L’esposizione curata dal Prof. Carlo Franza, illustre Storico dell’Arte di piano internazionale, che firma anche il testo, riunisce un certo numero di opere che compongono una vera e propria installazione, capace di campionare il percorso singolare di questi illustri artisti italiani e stranieri. All’inaugurazione ci saranno i saluti del Presidente e una prolusione del Prof. Carlo Franza, curatore della mostra, unitamente alla partecipazione di intellettuali italiani e stranieri e di numerosi collezionisti.
Scrive Carlo Franza: “Pittura, che si concreta oltre ogni razionale costrizione, sulla traccia di un forte immaginario, attraverso spessori, strisciando il colore-materia sul supporto, un colore-materia che si fa colore-materia-luce, in tal modo concedendo singolare palpitazione alla verifica del reale, alla cui essenza non poter giungere che introspettivamente tanto da accorgersene solo in tal modo, in quell’iridescenza di grumi, sbavature, pennellate strisciate, dell’esistenza d’una dialettica poetica riassunta in immagine emblematica. Così giungendo persino all’annullamento degli spazi vitali, facendo tutto vivere nel calibro di atmosfere sospese, prive di apparenti profondità. Patrizia Quadrelli è artista singolare, moderna, contemporanea, per la cosciente libertà del colore, per quella impervia invenzione cromatica, per quel percorso stregato dalla materia che si sfilaccia, si aggruma e sempre si accende di livide lucentezze, anche con l’uso di materiali vitrei; portandosi in quell’alveo di pittura che si infuoca di neo-espressionismo all’italiana, mosso da accenti lirici. E aver ridotto l’icona entro un movimento della materia pittorica assoluta è tipico dell’espressionismo moderno, capace di farsi leggere estroversione di drammi interiori, laddove la Quadrelli muove una diversione abbastanza sostanziale, intimistica, introspettiva, coinvolgendo questa in una sorta di réverie tutta interiore. Il neo-espressionismo della Quadrelli ha un’intonazione tutta personale, da circoscrivere nell’ambito di quegli atteggiamenti esistenziali che, facendo leva sullo stato di disfacimento dell’uomo nelle cose, decantano la provvisorietà di tutte le situazioni. Il suo ci pare un neo-espressionismo di un sentimento tormentato dell’animo umano che crea, quasi affannosamente, il silenzio e la solitudine, per reagire alla dissoluzione dei tempi. E il movimento delle immagini escogitate – macchie dense, intonse e filamentose- pur delineate in una loro intima calma, si mostrano in apparenza disordinate, discontinue, frammentarie, ma alla fine si ricostituiscono in un ordine proprio, in una continuità e organicità. Sicchè i teleri si profilano in una armonica visione, in un legame indissolubile fra le parti e il tutto. Nicola Cusano, umanista, uno dei primi sostenitori tedeschi dell’umanesimo rinascimentale, diceva che “dove si vede l’invisibile, là si crea l’increato”; miglior frase non poteva esserci nel mostrare il vedere dell’artista, sovvenire poi da un’infinita profondità, e sempre in moto e inafferrabile.
La Quadrelli guarda alle cose per perseguire con esse i suoi fini, perché le cose sono materia, la forma scaturisce dalla materia, la cosa è profondità, e pure abisso, Si notino sui teleri, le dense linee nere, tracce che segnano e delimitano vuoti e pieni; il segno incontra lo spazio della superficie in una dialettica di bianco e nero giocata in una preziosa libertà, mai uguale a se stessa, tracciata liberamente e proposta in diverse combinazioni grafiche e cromatiche, ogni volta caratterizzate da ritmo, tratto e definizione differenti.
Tutto muove da campiture e modulazioni, grandi pennellate in linea con la tradizione astratto-modernista, l’utilizzo primitivo delle forti pennellate dense di colore e lo strato materico ispessito, con l’attenzione sulla forma delineata con quella forza espressiva e quella monumentalità, a lavorare sul velo della bellezza, nell’evidenza del suo mistero, a mostrare la verità spogliata di ciò che di essa -secondo Platone- appare nella bellezza.
Herman Broch ha detto che solo la letteratura -e io aggiungo la pittura- conosce quello che forse sta nella profondità delle cose, quella profondità che i Greci cercavano percorrendo la superficie delle cose stesse. E se tutto è apparenza, se tutto è forma e colore, se la vita stessa scorre in superficie, per così dire sulla scorza del mondo, qual’ è la profondità cui aspiravano gli antichi greci? Qui trova perfetta aderenza il lavorìo della Quadrelli che descrive questo “profondo” dell’opera, tesa al suo fine e alla sua perfezione, riducendola a un “pezzo”, a un frammento del mondo, al torso di un simbolo, a quell’imperfezione e al suo infinito. E nella grande corrente dell’arte contemporanea, dell’espressionismo astratto, questo lavoro, questo percorso della Quadrelli vive bene in un filone tutto innervato nella gestualità europea e americana che va da Emilio Vedova a Robert Motherwell, in un territorio dove vive una certa impostazione dello spazio, alimentata da luci e ombre, in cui si dà vita, con una roteazione degli elementi, ad una duplice narrazione.
Gli elementi e le forme si nutrono di colori, che vanno dai neri ai bianchi, e ancora varie terre e ocra, e reggono il suo stile che è un’astratta cifra formale, e avvolgono i moti di una dimensione intima, della quale il rapporto di realtà è pretesto e occasione. A volte il limite delle gamme è talmente ridotto da costringere tutti gli affluenti cromatici a un unico fluttuante colore. E per magia, nella germinante e indistinta zona di ricordi, dei sensi, dei segreti, delle delizie, in questa luce inquietante, affiora la linfa dell’anima, il sedimento della coscienza, quella visionarietà immaginifica che trascina con sé le intuizioni più nervose e stranite della fantasia.
E a volerci addentrare nella sua pittura, su carta e su tela, ecco che nel passaggio dal vedere all’osservare, nell’essere dentro la pittura, dentro la situazione, il clima neo- informale che ci declina Patrizia Quadrelli nei suoi recenti lavori pittorici mostra che le forme-informi sono approdate alla coscienza e lasciano vivere proprie epifanie, ecco che il processo della ripetizione modulare si fa chiaro.
E’ pur sempre un racconto, un entrare dentro la situazione, un rappresentare paesaggi anomali, ove tutto pur se appare controllato e razionale, vive ancora in modo pulsante nell’immensità dello spazio, aperto all’infinito, dove predominano il senso della memoria e il sogno. Forme aggettanti, aperte a sentieri, in una sorta di dinamismo cosmico, da richiamare talvolta anche certe forme di Roberto Crippa. Nelle campiture dei dipinti, in cui vive la ritmica distribuzione di forme e colori, tenuti al basso, quasi a rammentare la nascita del mondo, spazi nello spazio, fuori dal caos ancestrale, il mondo di Patrizia Quadrelli vibra come un’anima in piena effervescenza cromatica, cosmica, nebulosa, stellare. Tecnica e materiali svelano la sintesi della propria estetica, ma anche che tanti quadri formano un unico quadro, e una moltitudine di immagini vengono percepiti come un’unica opera, da far rammentare la fertile progettualità di Emilio Vedova tra astrattismo e informale. La Quadrelli nel suo diario interiore, non ha punti di appoggio d’ordine archetipo, perchè il suo è pur sempre, sia pure riflesso e distanziato, il tempo orizzontale dell’esistenza”.