La Commissione europea ha dato il via libera all’ambiziosa acquisizione di Banco BPM da parte di UniCredit, uno dei colossi bancari italiani.
L’ok di Bruxelles è arrivato, ma non senza vincoli: l’operazione potrà procedere solo se UniCredit onorerà integralmente una serie di impegni strutturali, tra cui la cessione di 209 filiali strategicamente distribuite sul territorio nazionale.
Il cuore della questione è la tutela della concorrenza.
Un’operazione di queste dimensioni, se lasciata senza correttivi, potrebbe concentrare troppo potere in un solo operatore, riducendo drasticamente la pluralità di scelta per famiglie e imprese, soprattutto nei mercati locali del credito e dei depositi.
Senza restrizioni, il rischio potrebbe essere quello di un effetto domino: minore concorrenza, condizioni meno favorevoli per i clienti, una progressiva erosione della competitività bancaria.
Da qui la necessità di misure correttive incisive.
Con la cessione obbligatoria delle filiali, UniCredit rinuncia a una parte significativa della rete distributiva ereditata da Banco BPM, ma guadagna comunque un vantaggio strategico: si consolida come principale attore nazionale, avvicinandosi a un modello di banca universale con una rete razionalizzata e una maggiore capacità di offerta integrata. Il sacrificio richiesto dall’Antitrust diventa, nel medio periodo, una leva per riorganizzare il business e liberare efficienze.
È interessante notare il braccio di ferro istituzionale dietro le quinte: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato italiana aveva chiesto che il dossier venisse valutato a livello nazionale, ritenendo probabilmente di avere una sensibilità maggiore rispetto alle specificità del mercato bancario locale. Bruxelles, però, ha deciso di mantenere il controllo, escludendo il rinvio e ribadendo la propria competenza esclusiva sulle concentrazioni di scala europea.
Così, il dossier si chiude (almeno formalmente) con una conclusione politica netta: l’Unione Europea intende presidiare direttamente le operazioni bancarie cross-border, anche quando il baricentro rimane saldamente all’interno dei confini italiani. Per UniCredit, si tratta di un passaggio cruciale nella strategia di consolidamento nazionale e rilancio paneuropeo. Per i concorrenti, un segnale: la partita del credito italiano si fa sempre più grande, e chi resta fermo rischia di sparire.