
Ci sono anche “interventi in materia di disciplina pensionistica” tra i 21 “collegati alla decisione di bilancio” che il governo elenca “a completamento della manovra 2023-2025” nel Def appena pubblicato. E così Quota 41 – misura cavallo di battaglia della Lega – sparisce: per l’uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica, al momento non ci sono le coperture. Ma questo resta comunque un progetto che il governo intende portare avanti entro fine legislatura.
La conferma l’ha data anche Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera: “Con pochi miliardi (a disposizione, ndr) Quota 41 non si fa”. Anche il ministro Urso ha detto che le priorità ora sono il sostegno delle famiglie e delle imprese, e quindi non la riforma delle pensioni. Va ricordato però che il 31 dicembre Quota 103 dovrebbe arrivare alla fine. Quale sarà quindi la strategia del governo Meloni?
Come s’ipotizza ci potrebbe essere la proroga di un anno di Quota 103, la misura introdotta dal governo Draghi che prevede l’uscita dal lavoro a 62 anni d’età e 41 anni di contributi.
L’assegno di Quota 103 è massimo di 2.840 euro lordi al mese (36.920 euro lordi all’anno), pari cioè a 5 volte il minimo, che è di 568 euro per il 2023. Questo importo massimo, rivalutato annualmente, viene incassato come detto dai 62 anni ai 67 anni e solo dopo questo compleanno l’importo della pensione, se più alto del tetto, tornerà pieno.
E per l’Ape sociale? La ministra Calderone nei mesi scorsi aveva lasciato intendere che il sistema attuale potrebbe essere esteso. Gli esperti saranno chiamati a “verificare l’efficacia” e “la sostenibilità di ulteriori forme di staffetta generazionale, studiando anche l’introduzione di misure rivolte specificatamente alle piccole e medie imprese con il sostegno della bilateralità”.
Da ricordare che l’Ape sociale è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023 e riguarda disoccupati di lungo corso, caregiver, invalidi dal 74% e addetti ai lavori gravosi. La domanda può essere presentata anche da chi ha perfezionato i requisiti in anni passati: aver compiuto almeno 63 anni di età e non essere già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero.
Tra gli altri canali di uscita anticipata, c’è anche quello che consente il pensionamento con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età anagrafica e senza adeguamenti all’aspettativa di vita fino al 2026. Potranno poi continuare a uscire con 41 anni di versamenti, indipendentemente dalla soglia anagrafica, i lavoratori “precoci”, quelli cioè in possesso di 12 mesi di contribuzione effettiva prima del 19esimo anno d’età (condizioni simili a quelle previste per accedere all’Ape sociale).
Opzione donna è stata prorogata per tutto il 2023 e consente alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2022, un’anzianità contributiva di almeno 35 anni ed un’età anagrafica di almeno anni 60, congiuntamente ad un ulteriore requisito soggettivo.