Sono molte le acque in giro per il mondo in cui i Paesi litigano per il diritto di pesca. La crisi post Brexit nel Canale della Manica, all’isola di Jersey, ha fatto salire la tensione tra Londra e Parigi, per l’accesso dei pescatori francesi alle acque britanniche.
Nelle stesse ore, a migliaia di chilometri di distanza, si è riacceso un altro contenzioso storico nelle acque del Golfo della Sirte, al largo della costa libica: il nuovo incidente tra Guardia costiera di Tripoli e i pescherecci italiani. E proprio su quest’ultimo episodio è intervenuta la Farnesina sostenendo che “si conferma la pericolosità della zona prospiciente le coste della Libia dove non si può pescare. La zona – si aggiunge in un comunicato – è stata del resto definita ‘ad alto rischio’ per tutte le imbarcazioni già nel maggio 2019 dal Comitato interministeriale per la sicurezza dei trasporti”.
Ma oggi sono le sigle sindacali a farsi sentire maggiormente. Per Federpesca, la Federazione Nazionale delle Imprese di Pesca, “il Governo deve intervenire immediatamente affinché venga chiarita la dinamica dell’incidente e venga assunta una presa di posizione forte e definitiva sulla qualificazione giuridica delle acque sulle quali la Libia rivendica la propria sovranità economica”. La Fai Cisl chiede invece “si avvii una governance europea sul tema della pesca nel Mediterraneo, perché occorre stabilire una linea precisa che sia di unico indirizzo rispetto all’interlocuzione col governo libico”. E sollecita l’esecutivo Musumeci a utilizzare “tutte le risorse disponibili per sostenere questo comparto produttivo in evidente difficoltà, nonostante la sua centralità nell’economia siciliana”. Per la Uila Pesca “è necessario stabilire delle regole. Quel mare non è dei libici, non è mai stato ratificato alcun accordo. La politica, adesso, deve fare la sua parte”.
“Non è per forza necessario che si arrivi alle situazioni estreme per capire che la situazione della sicurezza nel Mediterraneo dei nostri pescatori va affrontata seriamente, in pochi giorni abbiamo assistito a due episodi incresciosi – commenta la Flai Cgil -. Più severa invece la tesi della Confsal Pesca che chiede di evitare situazioni spiacevoli che possono sfociare in tragedie, “la sicurezza dei lavoratori in mare significa garanzia della presenza dello Stato. Sembra che il recente rapimento dei pescatori di Mazara del Vallo, che per mesi ha tenuto tutti con il fiato sospeso, non abbia insegnato nulla. Vorremmo – spiegano – si aumenti il livello di sicurezza nel Mar Mediterraneo per rinfrancare i tanti lavoratori di un comparto già in grandi difficoltà ed ancora in vita solo grazie alla tenacia di chi non ha scelte, se non quella di rischiare per sbarcare il lunario. Le istituzioni facciano il loro dovere fino in fondo, il governo dimostri di essere migliore del precedente e concretamente risolutivo. L’Italia non può più permettersi di mostrarsi ancora una volta come un paese lacunoso, non occidentale, impreparato e noncurante”.
E nella tarda mattinata di oggi non si è fatta aspettare la dichiarazione del Ministro degli Esteri Di Maio che, durante una trasmissione di approfondimento, ha considerato “inaccettabili gli spari ad altezza d’uomo della guardia costiera libica. Quella acque – ha spiegato – sono pericolose e noi sconsigliamo di andarci perchè dall’altra parte del mare fino a poco fa c’era la guerra”.
“La questione Libia – ha continuato il Ministro – non è ancora risolta perchè non esiste un governo stabile. A fine giugno in Italia riuniremo la anti-Daesh coalition con Usa e molti altri Paesi perchè c’è un serio rischio di infiltrazione terroristica e questo problema è connesso con i flussi migratori”. Ed ha chiuso con un appello a tutti i pescatori: “Non rischiate la vostra vita e quella dei vostri figli”.