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Zingaretti twitta le dimissioni, quale sarà il futuro del Pd?

| 5 Marzo 2021 | POLITICA

L’annuncio di Zingaretti ha destato molta sorpresa tra i dirigenti e parlamentari dem. Nessuno, hanno spiegato diversi esponenti anche di maggioranza, era stato informato della decisione del leader. C’era attesa per l’assemblea nazionale del 13 marzo per capire come affrontare le tensioni interne e la richiesta della minoranza di fare il congresso, che il segretario Pd aveva già respinto nell’ultima direzione. Ma nessuno si immaginava un gesto così eclatante da parte del segretario.

Era da diverso tempo che la leadership del governatore del Lazio era sotto attacco da parte di alcune correnti di minoranza del partito. Tra le critiche principali quella di aver portato il Pd a un’alleanza stabile con il Movimento 5 stelle, rilanciata nei giorni scorsi anche in importanti realtà locali e regionali, come il Lazio.

Nei giorni scorsi Zingaretti aveva cercato di venire incontro alla richiesta della minoranza di indire un congresso parlando di un “Congresso tematico”: non si sarebbe dimesso, visto che la sua segreteria sarebbe scaduta nel 2023, ma avrebbe consultato gli iscritti sulla linea politica da tenere.

I suoi oppositori interni non avevano però visto di buon grado il tentativo di conciliazione di Zingaretti. “Penso che questa linea sia sbagliata e stia distruggendo il Pd. Quindi o cambia la linea o cambia il segretario”, aveva attaccato Matteo Orfini, a capo della corrente di minoranza dei Giovani turchi, da sempre in opposizione a Zingaretti. Tra i più critici nei confronti dell’alleanza con i pentastellati anche la corrente di minoranza Base Riformista, guidata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, i cosiddetti “ex renziani”.

Un’altra delle critiche degli ultimi giorni riguardava l’assenza di ministre nella compagine governativa indicata dal Pd per il governo Draghi, nonché l’assenza in generale di donne nelle posizioni apicali del partito. A essere sotto tiro in particolare il doppio incarico di Andrea Orlando, vicesegretario del partito e neo-ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Si chiedeva quindi di nominare una vicesegretaria donna, ma Zingaretti aveva blindato Orlando.

“Credo sia arrivato il momento di una candidatura femminile” alla guida del Pd, ha dichiarato a Sky TG24 nei giorni scorsi l’esponente del Pd Paola De Micheli. “L’unica volta è stata quella della Bindi al Congresso fondativo, nel 2008, bisogna generare le condizioni perché ci sia una candidatura competitiva”.  Quanto al congresso del partito,  De Micheli ha commentato: “Credo non ci siano adesso le ragioni per fare un congresso che diventerebbe una conta, parliamo di cosa vogliamo per il Paese”.

Il Pd ha bisogno di “una franca discussione”, ma in piena pandemia non è il momento di un congresso, che finirebbe con l’essere “una conta interna”: per Debora Serracchiani, intervistata dal Corriere della Sera, si faceva bene a discuterne nell’Assemblea del 13 e 14. “È naufragato il Conte ter, è iniziata l’esperienza Draghi e noi siamo dentro questo governo a pieno titolo, perciò adesso dobbiamo toglierci qualche imbarazzo che ancora abbiamo a stare in questo esecutivo e dettare invece l’agenda con maggiore determinazione”, afferma.

Di recente critiche alla segreteria centrale del partito sono arrivate anche da parte di alcuni importanti amministratori locali dem, come il sindaco di Bari e presidente Anci Antonio Decaro.

TAG: congresso Pd, segretario del Pd, sorti, Zingaretti
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