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Alcuni cibi possono curarci, nasce il centro che li studia

| 19 Novembre 2019 | SALUTE

Quello che veniva e viene studiato e praticato da millenni da parecchie civiltà orientali, viene confermato giorno dopo giorno dai recenti studi occidentali. Il cibo (quello sano e nutriente) è medicina.

Ma nell’ottica di molti c’è solo la pasticca magica, per qualsiasi disturbo. Attenzione, il cibo può anche trasformarsi in veleno. “Siamo quello che mangiamo”, così recitava un vecchio detto. Il 50% dei casi di morte o di disabilità nel mondo dipende da un’alimentazione con troppo sale, poca verdura e poca frutta e il 30% dei tumori potrebbe essere prevenuto con dieta e stili di vita sani. Si sa però, ad esempio, che i pomodori San Marzano inibiscono l’angiogenesi dei tumori e il resveratrolo contenuto nel vino rosso fa bene al cuore, salvo che a un 30% della popolazione che ha la variante di un gene che annulla questa proprietà.

Lo ha detto ieri Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, facendo notare che “nessuno, finora, ha promosso ricerche scientifiche con l’obiettivo di identificare i nutrienti che hanno maggiore impatto sulla longevità e sulla salute della popolazione e dei singoli individui”. E’ quanto invece si ripromette di fare l’ ‘Italian Institute for Planetary Health’ (Iiph), nuovo grande progetto dal respiro internazionale presentato ieri a Milano, frutto dell’unione fra il ‘Mario Negri’ e l’Università Cattolica, con la partecipazione di Vihtali, spin off della Cattolica per promuovere ricerca sui servizi sanitari.

A presiedere Iiph sarà Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia e Aviva Italia; vicepresidenti lo stesso Remuzzi per il ‘Mario Negri’ e Walter Ricciardi – per anni presidente dell’ISS – per l’Università Cattolica, dove è Ordinario di Igiene, oltre a essere membro in Ue del ‘Mission board for cancer’ e recentemente entrato nel comitato scientifico di Human Technopole. I primi progetti – dice Remuzzi – vedono ricercatori impegnati sullo studio di fattori che incidono sull’invecchiamento in salute, partendo dalla mappatura dell’Italia, con analisi dai punti di vista genetico, biologico, molecolare, epidemiologico e ambientale.

Non dimentichiamo, che una cattiva alimentazione, una vita sedentaria provocano il sorgere di numerose patologie, alcune mortali. La fotografia scattata nella prima edizione dell’Italian Obesity Barometer Report, realizzata in collaborazione con Istat e presentata qualche mese fa, al primo Summit Italiano sull’Obesità, non lascia ombra di dubbi: in Italia sono 25 milioni, tra adulti e bambini, le persone in sovrappeso o obese.

Sono più uomini che donne, vivono soprattutto in città e nelle regioni del Sud. E, a causa di questa condizione, rischiano più di altri di andare incontro a malattie come diabete, infarto, ictus e tumore. In particolare,il fenomeno interessa, nelle regioni del Sud, un bambino o adolescente su 3. L’obesità si stima impatti sul sistema economico mondiale per 2 trilioni di dollari (2,8% del PIL mondiale). In Italia solo per le patologie cardiovascolari i costi stimati ammontano a oltre 15 miliardi di euro e per la cura del cancro a poco meno di 7 miliardi.

A mettere a rischio le nostre vite, però, in un contesto di profonde modificazioni climatiche, non è soltanto il modo in cui consumiamo il cibo ma anche quello in cui lo produciamo. Il settore agricolo contribuisce per quasi 1/3 alle emissioni di gas serra, ponendo delle problematiche anche sul futuro. Uno studio della Oxford University pubblicato dalla rivista Pnas, che ha calcolato anche i risparmi in termini economici che si otterrebbero, parla da solo: se tutto il mondo adottasse una dieta strettamente vegana si risparmierebbero 8,1 milioni di morti premature da qui al 2050, ma anche un cambiamento minore che limiti il consumo di carni rosse a circa 300 grammi alla settimana ne eviterebbe più di 5 milioni.

I ricercatori hanno elaborato quattro diversi scenari, uno di ‘business as usual’ in cui si mantengono le attuali tendenze in termini di dieta, uno in cui si limita la carne a 300 grammi a settimana aumentando l’apporto di frutta e verdura, uno strettamente vegetariano e uno vegano. Il maggior guadagno in termini di vite salvate, soprattutto per le minori malattie cardiovascolari ma anche per tumori e patologie legate all’obesità, verrebbe appunto dalla dieta vegana, seguita dalla vegetariana (7,4 milioni di morti risparmiate).

Riportiamo una dichiarazione di uno dei più famosi oncologi al mondo, ex docente universitario e anche ex-Ministro della Salute, Umberto Veronesi: “Le proteine animali non servono a niente, servono solo a complicare la vita al nostro fegato e ai nostri reni. Da tenere in conto che i vegetariani vivono in media sette anni in più dei non vegetariani. La carne non serve a niente, se mai, rende tutto più complesso nel nostro metabolismo”.

TAG: cibo, obesità, vegano, vegetariano
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