Suggerirei di non fare due vice-premier. Porta male. Non ne farei nemmeno uno, ma il Pd difficilmente rinuncerà a fissare la sua bandierina. Suggerirei di non fare nessun contratto di governo. Porta male. Suggerirei di scegliere i ministri rispettandone le competenze, potrà sembrare una regola desueta, ma farà molto bene al Paese e ne trarranno giovamento i nostri giovani di talento.
Suggerisco, qui non uso il condizionale, di stringere un patto politico (vero) che metta al centro la redistribuzione degli investimenti per unire le due Italie, uscire dalla vergogna dello 0,15% del prodotto interno lordo di spesa pubblica allargata per infrastrutture di sviluppo al Sud che è il segno concreto di una ferita civile da rimarginare. Il Mezzogiorno non ha bisogno di nuovo assistenzialismo ma di treni a alta velocità, di asili nido e di mense scolastiche, di sostegno alle sue eccellenze universitarie, di ricerca e innovazione. Tutto quello che dal 2009 a oggi, con il trucco della spesa storica, il Nord in salsa leghista (legge Calderoli) ha indebitamente sottratto al Sud e che l’operazione verità di questo giornale ha messo in chiaro per decine e decine di miliardi l’anno. Siamo certi che la presidente della Commissione Finanze, Carla Ruocco, ricostruirà i termini corretti della ripartizione della spesa pubblica con la sacralità (ritrovata) del Parlamento e della sua indagine conoscitiva.
Che cosa può unire politicamente il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico se non un patto redistributivo che non faccia regali alla popolazione meridionale, ma restituisca loro in termini di new deal ambientale quanto un federalismo egoista ha tenuto ingiustificatamente per sé alimentando poderosi (distorsivi) flussi assistenziali nei territori ricchi? Questa è la base strategica del patto triennale di crescita di cui ha bisogno l’Italia tutta non una sua parte perché questa è la priorità economica che l’Europa deve condividere e incoraggiare.
Abbiamo detto dal primo giorno della crisi che il timoniere internazionale su cui si può oggi contare realisticamente si chiama Giuseppe Conte. A lui spetta di fare l’operazione verità, mettere in sicurezza i conti pubblici, nominare un commissario e un rappresentante della Banca Centrale europea che onorino il ruolo di Paese fondatore. Portare l’Italia fuori dal pantano del sovranismo e convincere politicamente i populisti che a loro conviene il nuovo approdo.